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Dunque voi sola a voi stessa simile, a cui s'inchina la natura e l'arte, fate di voi cantando in ogni parte Tullia, Tullia, suonar da Gange a Tile. Si vedrem poi di gioia e maraviglia e di gloria e d'onore il mondo pieno, drizzare al vostro nome altare e tempï; cosa che mai con l'ardenti sue ciglia non vide il sol rotando il ciel sereno, o ne' gli antichi o ne' moderni tempi. Di Nicolò Martelli

E che ne dice marchese di quel barocco d'un testamento di suo padre? domandò la signora Martelli. Che vuole mai che le dica, cara signora? Quel povero conte Guglielmo era fatto così. Una testa debole, che non calcolava mai gli effetti delle sue azioni; pur di assecondare i moti dell'animo dispotico e pieno di ghiribizzi egli non badava a nulla.

Infatti una vecchia le si accostò. Che cosa avete? le chiese. La fanciulla tremò, cercandosi intorno cogli occhi; la piazzetta era vuota e silenziosa. Un suono di martelli veniva da una bottega, in alto da una finestra sventolava un largo drappo bianco: ella non sentì altro, ma la vecchia la scrutava nel volto e negli abiti con la acuta prontezza delle donne quando sospettano un dramma.

Chi cerca di grazia il signore? Il notaio Martelli è in casa? domandò Enrico con un mesto sorriso. No signore, rispose l'altro, il signor cavaliere Martelli è uscito. Enrico si fece conoscere. Entrò, andò difilato alla camera dove era morto suo padre, e vi si rinchiuse.

Quella serata fu piena, pe' due giovani amanti, di misteriose dolcezze, mentre una noia feroce regnava in quella sala, che a poco a poco s'era andata popolando di visite. Erano i villeggianti dei contorni che venivano, come al solito, a passar la sera in casa Martelli. La Elisa, prima suonava qualche pezzo sul piano, poi si giuocava a mercante in fiera, fin verso le undici.