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³³⁵ Iulian., 463, 15 sg. L’indifferenza degli Antiochesi, di cui era stata prova l’incendio, appiccato, si diceva, dai Cristiani, del gran tempio d’Apollo, era propriamente invincibile. Per meglio descriverla, l’autore del Misobarba ci fa questo racconto, in cui Giuliano non si accorge di cadere nel ridicolo per l’eccesso del suo zelo³³⁶. ³³⁶ Iulian., 467, 1 sg.

«Non senza lagrime io lessi la lettera che tu mi scrivesti per la morte della tua consorte, in cui mi esprimevi l’eccesso della tua angoscia. Poichè, oltre all’essere, per stesso, un caso ben degno di dolore che una donna giovane, saggia, cara al marito e madre di buoni figliuoli si spenga, prima del tempo, come una fiaccola splendidamente accesa e che, in breve, perde la fiamma, è per me non meno triste il pensiero che questo dolore sia toccato a te. Poichè meno di tutti meritava tale angoscia il nostro buon Amerio, un uomo così saggio ed il dilettissimo fra i nostri amici. Ora, se fosse un altro a cui io dovessi scrivere in una simile congiuntura, mi converrebbe di fare un lungo discorso, per insegnargli che l’evento è umano e che lo si deve sopportare come inevitabile, e che dal troppo piangere nulla si ottiene, e dirgli infine tutto quanto può essere, per un uomo ignorante, conforto al dolore. Ma poichè, rivolgendomi ad un uomo che sa ammaestrare gli altri, mi parrebbe sconveniente tenergli dei discorsi che sarebbero buoni per chi non sa esser saggio, permetti che, lasciando ogni altra considerazione, io ti rammenti il mito e insieme il ragionamento verace di un uomo sapiente, di cui forse tu avrai gi