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Aggiornato: 6 maggio 2025
Giunto davanti a noi si fermò per dire che veniva da Fez e che andava a Tangeri. L'Ambasciatore gli diede una lettera per Tangeri ed egli riprese il suo cammino a passo frettoloso.
A poca distanza dall'uscita della gola l'Ambasciatore si fermò, e tutti scendemmo a terra per riposarci all'ombra d'un gruppo d'olivi. La scorta della provincia di Laracce continuò le sue cariche e i suoi fuochi davanti a noi. Il convoglio dei bagagli seguitò la sua strada verso il luogo fissato per l'accampamento. Eravamo arrivati alla Cuba di Sidi-Liamani.
E poco dopo l'ambasciatore diceva: «Io sono espressamente incaricato dal mio Governo d'esprimervi il suo desiderio che le truppe francesi siano tenute lontane dalla frontiera». Il 22 maggio, il ministro Parete gridava alla Camera Torinese: «L'esercito Francese non entrer
Ma almeno gli dissi quando tornerete a Torino, avrete qualche cosa da raccontare. Ah! rispose con accento malinconico, andandosene via che cosa si può raccontare d'un paese dove non si trovano due foglie d'insalata! Fatta colezione, l'Ambasciatore diede ordine di levare l'accampamento.
Ed io dunque? riprese il principe. Ma insomma, il problema dato, bisogna pure risolverlo. Ecco di che si tratta. L'ambasciatore d'Austria a Roma possiede, non so come, tre documenti, di un valore incalcolabile, cui la Corte di Torino vorrebbe avere. E' sembra si riferiscano al modo con cui Carlo Alberto arrivò al trono, a detrimento del duca di Modena. L'ambasciadore di Sardegna a Pietroburgo
Quel giorno, pranzando l'Ambasciatore in citt
Era il mezzodì del quinto giorno della nostra partenza da Fez, quando, dopo una cavalcata di cinque ore a traverso una successione di valli deserte, ripassavamo per la gola Beb-el-Tinca e vedevamo un'altra volta dinanzi a noi la vastissima pianura di Sebù inondata d'una luce bianca, ardente, implacabile, di cui il solo ricordo mi fa salire le vampe al viso. Tutti, fuorchè l'Ambasciatore e il capitano, che partecipano della virtù favolosa della salamandra, di star nel fuoco senz'ardere, ci coprimmo il capo come fratelli della Misericordia, ci ravvoltammo con gran cura nelle cappe e nelle coperte, e senza profferire una parola, col mento sul petto, cogli occhi socchiusi, scendemmo nella terribile pianura, confidando nella clemenza di Dio. A un certo punto si sentì la voce del Comandante il quale ci annunziava che era gi
Allora l'Ambasciatore, mosso a compassione, gli fece un discorsetto, esortandolo a studiare, a togliersi quella vergogna, a non disonorare in quel modo la sua famiglia; e quando l'interprete ebbe finito di tradurre, gli fece domandare se aveva qualcosa da rispondere.
Stettero a sentire cogli occhi spalancati e la bocca aperta come due bambini. E quanta popolazione ha il vostro paese? domandò uno. Venticinque milioni, rispose l'Ambasciatore. Fecero un atto di meraviglia. E il Marocco, domandò l'altro quanti milioni ha? Quattro, rispose l'Ambasciatore per tastare il terreno. Quattro soltanto! esclamarono ingenuamente, guardandosi.
L'Ambasciatore congedò il comandante della scorta di Laracce, che s'allontanò subito di galoppo coi suoi cavalieri; e ci rimettemmo in cammino colla scorta nuova, che cominciò immediatamente le cariche e i fuochi. Erano faccie più nere, vestiti più variopinti, cavalli più belli, grida più strane, cariche più selvaggiamente impetuose di quelle che avevamo visto fino allora.
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