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Aggiornato: 21 giugno 2025


Questa era stata accompagnata sino al palazzo del marchese dall'ingegnere Amoretti, che non era altri se non Roberto Jannacone, da tutti creduto morto, come sa il lettore. L'ingegnere era salito poi sino al primo piano, sostenendo Diana nelle sue braccia. La ragazza dava appena segno di vita: essa era caduta in un abbattimento profondo, cagionatole dallo spavento.

La sentenza fu molto ponderata: Roberto fu condannato all'ergastolo. Tutta Napoli comprese il dubbio che avea assalito i giudici. Il vecchio Jannacone, venuto a Napoli, volea recarsi al cospetto del Re: chieder grazia: potè finalmente presentar la sua domanda, ma fu respinta. Nella popolazione napoletana il processo destò una certa effervescenza, che poi subito quetò.

Poi Cristina si accorse che il prete, com'ella aveva voluto, stendeva dichiarazione della nascita della bambina, notando il giorno e l'ora, e affermandola nata dalla duchessa Enrica, e da Roberto Jannacone.

Morto Roberto Jannacone! pensava: il pianto non gli usciva, i singhiozzi gli facean groppo alla gola. In un attimo fu alla prigione di Roberto avanti che altri vi arrivasse: tenea sempre in mano il decreto, che rendeva la libert

Dopo l'elevazione, Andrea Marrato, il più ricco contadino dei dintorni, e che si sapea, da diecine di anni, nemico acerrimo di Ciccillo Jannacone, corse ad abbracciarlo. Quindi i due vecchi rimasero inginocchiati l'uno accanto all'altro. La commozione era in tutti gli animi. Ma anche a Napoli tutti si occupavano dello strano, atroce delitto.

Da lungo tempo, il lettore non vede in scena l'eroe del nostro racconto: Roberto Jannacone. Chiuso nel carcere di * in Calabria, a poco a poco egli si assuefece a quella solitudine. Sapea che atti impetuosi sarebbero tornati vani: una condotta savia, regolare gli avrebbe conciliati gli animi: potea render men dura la sua prigionia.

È questa l'accoglienza che mi fai, disse il figlio di Cicillo Jannacone, dopo una separazione lunga.... Non ti ricordi ciò che mi dicesti nel momento della mia partenza?... Mi resta poco da vivere, Roberto, incominciò, dissimulando, Enrica. Io non posso più esser la moglie d'alcuno: sono gravemente ammalata. Mi ami tu?

Alla fine sono libera di questo Roberto Jannacone.... Egli avea di sicuro cercato fuggire dal suo carcere per nuocermi.... Ed ora Cristina parli pure, se vuole.... Avrò sempre ragione! La festa data dal marchese di Trapani riuscì splendidissima. Inutile dire che la principessa fu tra le prime ad accorrervi. Si era mascherata stupendamente: la foggia, da lei vestita, rifioriva la sua bellezza.

Ma l'ho veduta crescere con me, sebbene io fossi un po' più giovane, e l'ho veduta far tante stravaganze.... Le corse, le caccie della duchessina nel parco, le sue cavalcate; poichè essa maneggiava lo schioppo e stava a cavallo come i migliori tra noi: le sue visite improvvise nelle case dei contadini, a' quali faceva sempre qualche paura, o qualche dispetto, son sempre ricordate.... Era molto cattiva: percoteva, a volte, i vecchi, i bambini: un giorno io l'ho veduta con un ferro, che avea arroventato, bruciar la mano, per divertirsi, a un giovinetto contadino, che le stava sempre d'attorno: Roberto Jannacone.

Altre cure, altri dolori, e la tendenza all'oblìo, forse, la sola cosa che renda la vita tollerabile, fecero scordare il delitto del parco di Mondrone. In breve non si parlò più di Roberto, del conte di Squirace. Ciccillo Jannacone tornò al suo lavoro: stette mesi senza dir parola, sempre convinto della innocenza del figlio. Domandò di vederlo: gli fu negato.

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