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Aggiornato: 27 maggio 2025


Prima di partire da Madrid volli parlare col tanto celebrato Frascuelo, il principe degli espadas, l'idolo del popolo di Madrid, la gloria dell'arte. Un genovese, capitano di bastimento, che lo conosceva, s'incaricò di fare la presentazione; fissammo il giorno, ci trovammo nel caffè imperiale della Puerta del Sol. Mi vien da ridere quando penso all'emozione che provai vedendolo comparire da lontano e venire verso di noi. Era vestito con gran lusso, carico di ciondoli, luccicante come un generale in grande uniforme; attraversò il caffè, mille teste si voltarono, mille occhi si fissarono su di lui, su di me, sul mio compagno: io mi sentii diventar pallido. "Ecco il signor Salvador Sanchez," disse il Capitano (Frascuelo è un soprannome). E poi, presentando me a Frascuelo: "Ecco il signor tale dei tali, suo ammiratore." L'illustre matador s'inchinò, io feci una riverenza, sedemmo e cominciammo a discorrere. Che strano uomo! A sentirlo discorrere si sarebbe detto che non aveva cuore d'infilzare una mosca con una spilla. È un giovanotto di venticinque anni, di mezzana statura, svelto, bruno, bello, con uno sguardo fisso e un sorriso d'uomo distratto. Gli domandai mille cose intorno all'arte sua e alla sua vita; parlava a monosillabi; bisognava che gli cavassi le parole di bocca, a una a una, a furia di domandare. Ai complimenti rispondeva guardandosi la punta dei piedi con uno sguardo modesto. Gli chiesi se fosse mai stato ferito: si toccò un ginocchio, una coscia, la spalla, il petto, e disse: "Qui, e poi qui, e poi qui e poi ancora qui;" sorridendo colla semplicit

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