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Aggiornato: 23 giugno 2025


Non pochi Fasci avevano la fanfara, composta quasi sempre di reduci dall'esercito, che vi avevano portato il sentimento della disciplina, unito ad entusiasmo e attivit

Si gridava: "Correte!... Son qui!... Sono vicini!" Le madri abbandonavano le culle dei bambini; E, fra l'essere donne curiose o madri buone, Prendeano il mezzo termine d'affacciarsi al verone, Tenendo sempre a bada colla coda dell'occhio Il letticciuolo, dove miagolava il marmocchio. La fanfara appressavasi. Con un piglio insolente Parean le note acute sfidar l'ombra silente.

E questo nome dominava, riuniva tutti gli evviva. Una frase, nella quale si distinse solo la parola carabina, suonò e si perdette nel frastuono del loggione. Poi si intesero fuori lontano degli squilli di fanfara e un fremito corse in tutte le persone, che si voltarono istintivamente alla porta. Il corteo, che avrebbe dovuto formare il vero comizio, si avvicinava e il teatro era gi

Spiatelo soprattutto, quando deve pronunziare la parola milione o milionario. Egli si esalta, alza il tuono della voce, si gonfia le gote, e quei vocaboli, come gente in festa, ti suonano all'orecchio preceduti da trombe e tamburi e seguiti da una fanfara di punti di esclamazione e di ammirazione.

Allora un clarinetto intonò l'inno di Garibaldi, e tutta la banda lo seguì fra una demenza più tempestosa di grida: perchè? Il maestro non l'aveva certo ordinato, ma la prima strofa passò su tutte quelle teste elettrizzandole. Non pareva più una fanfara di battaglia, un delirante appello ai morti perchè risorgessero anch'essi nel nuovo sole, ma una canzone eterna di gioia, che si rompeva in trilli, ondeggiava al vento come tutti quei fazzoletti, si riuniva come un'onda riversandosi nei cuori, sbalottandoli, spumeggiando. Nessuno si ricordava gi

Aldo la guardò stupito. Nella sua voce e nel suo riso egli aveva udito una nota che riconosceva. L'aveva udita in altre voci di donna, quella nota tenera e selvaggia, di tortorella e di tigre! Quella nota tremula e tubante gli vibrò nel cervello col clangore d'una fanfara! Era l'amore! E amore sfolgorava nelle verdi iridi chiare rivolte al viso torvo e corrucciato del marito.

Pochi individui vi passavano ancora, forse incaricati della polizia del comizio, faccendieri vestiti anch'essi a festa e tutti superbi di occupare momentaneamente la scena destinata agli oratori e ai principi del Comitato. Gli squilli della fanfara si avvicinavano sempre; la moltitudine si era calmata improvvisamente.

I maggiori Pastoris, Ravá, i capitani Becherucci, Romanelli, Sartori, il tenente Ademollo e tanti altri che non cito, perchè ciò troppo mi trarrebbe fuori dal seminato. La legione era organizzata militarmente più di ogni altra; aveva anche una piccola fanfara, eccellente, perfida, ma lassù applauditissima.

Quando poi entrarono i bersaglieri correndo, seguendo il ritmo della loro allegra fanfara, lesti, colle penne dei cappelli agitate dal vento che correndo per le vie come se volassero, parevano un gaio stormo d'uccelli che venisse a portarci la primavera, la pace, l'allegria, allora l'entusiasmo fu al punto culminante.

Tra i rumori dell’anfiteatro Gallo strappò il ferro dalla piaga, ne poggiò fra le due corna la punta forbitissima, diede un leggero colpo, e la testa sollevata ricadde, il duro animale si stecchì. La fanfara, su gli spalti, salutò a squillo di tromba la vittoria dell’uomo.

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