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AP. bene, perchè pure ora mi sovvengono quelle parole: Laura, Lammia, Incubo, favole antiche; e quel verso: A culle di fanciulli, strega nota, Scelleranza del sesso feminile. FR. Orsù andiamo al resto, acciocchè possiamo farne giudizio simigliante.

Ella guarda laggiù. Pensa a le nivee Placide culle ove, chinato il biondo Capo sui lini, i sorridenti pargoli Dormon sonno profondo: Veglian le madri

Si gridava: "Correte!... Son qui!... Sono vicini!" Le madri abbandonavano le culle dei bambini; E, fra l'essere donne curiose o madri buone, Prendeano il mezzo termine d'affacciarsi al verone, Tenendo sempre a bada colla coda dell'occhio Il letticciuolo, dove miagolava il marmocchio. La fanfara appressavasi. Con un piglio insolente Parean le note acute sfidar l'ombra silente.

Foglia al ramo caduta, occulta lacrima, L’ultima speme dal suo cor s’invola; O nidi, o fiori, o baci, o culle nivee, Vi celate.

Madri noi siamo per l’angoscia e il pianto, non per cantar su rosee culle un canto: cantalo tu

Quale secreta virtù possedevano le parole antiche, le formule che per secoli e secoli erano state ripetute dalle anime pie, che per secoli e secoli avrebbero echeggiato sotto le vôlte sacre al raccoglimento ed alla penitenza, sopra le culle e sopra le bare? Appartenevano ad una lingua non più parlata dagli uomini, ma eternamente viva, come la più propria espressione della preghiera. E il significato ne era così chiaro, si traduceva così facilmente anche agli ignari: «Benedici, Signore, questo anello che noi nel tuo nome benediciamo, affinchè colei che lo porter

e così usano di fare le streghe del nostro tempo; quando si dice che son portate al giuoco di Diana, guastano i fanciullini nati di poco che piangono nelle culle, di poi gli soccorrono col rimedio; le quali cose mi pare che abbiano avuto origine da queste, e che eziandio il nome loro sia derivato da quelle, conciossiachè le donne che fanno tal eccesso, appresso di noi, e per tutto abbiano avuto il nome di strega.

Noi soli siamo materiali e pesanti. I nostri applausi di uomini interi stonano coll'imprecisa vellutata cortesia degli usignuoli e delle onde che stendono gementi tappeti d'argento per gli equipaggi della Luna. Frusciaaare schiumaaare tubaaare di onde colombe sulle tombe rapite ai cimiteri e come culle rimorchiaaate dai profumi del maaare.

A rullo di tamburo, a squillo di tromba, all’ombra ardente del vessillo, a ritmo d’inni e di mitraglia, ammassa e lancia a torme i figli nostri, i figli nostri, ove un sol fulgore han vita e morte: fide vegliammo noi per questa sorte le culle d’oro e gli umili giacigli.