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Aggiornato: 24 maggio 2025


NER. Che udir? fra poco anch'egli la ragion stessa, che alla plebe appresto, udrá da me. Ma, oh rabbia! ancor non cessa il popolar tumulto: i preghi chiusa trovan la via: verrá tra breve il ferro, e sgombrerassi ampio sentiero. Acqueta l'alma, o Poppea: domani al ciel risorte tue immagini vedrai: nel fango stesso, ma d'atro sangue intriso, strascinate vedrai le altrui.

Per entro l'ossa ha di passar valore; I polmon squarcia, e la piaga è rea, Che ne le tele, onde è fasciato il core Via disperge l'umor, che lo ricrea. Sparso il volto gentil d'atro pallore, Ei tremò su le gambe, indi cadea. Miralo Enrico, e per tal modo il mira Ch'ei fassi esempio d'implacabil ira.

Aspro in valore ed in furor s'avanza, punto allenta la mortal battaglia, Anzi di tuono ardente a la sembianza Vince l'anima altrui pria che l'assaglia, Tal soggiogando in guerra ogni possanza Fende le lucide armi, i corpi taglia, Infrange l'ossa, e d'atro sangue involto Calca de gli atterrati il petto e 'l volto.

Tale il guerriero indomito s'avventa Contra AMEDEO per sanguinosa strada, Ed alza il braccio ed impiagarlo tenta Su l'alma fronte, perch'a morte ei vada; Ma quel Re formidabile appresenta L'invitta punta de l'eterea spada Sotto il braccio alto, e ne l'ascella il piaga E d'atro sangue tutto il fianco allaga.

Che fu mirar dentro dorato usbergo Con aste invitte e fulminose spade Battere allor de' Saracini il tergo, E d'atro sangue dilagar le strade? Qual torna sbigottita al chiuso albergo, Se da torbido ciel grandine cade, Vaga schiera d'augei rapidamente, Cotal vinto fuggì l'empio Oriente.

SENECA Erami noto Nerone assai; ma pur, nol niego, or sono d'atro stupor compreso. Ognor piú fero ch'altri nol pensa, egli è. OTTAV. Seneca, ad alta impresa, io te nel mio pensiero ho scelto. S'hai per me stima, amor, pietade in petto, oggi men puoi dar prova. A me giá fosti mastro di onesta, e d'incorrotta vita; di necessaria morte esser mi dei or tu ministro.

Allor Sangario ambe le guancie è tinto D'atro pallore, e le pupille ha rosse; Muto riguarda, e da furor sospinto Calcò pria lo scannato, indi il percosse Con le vipere ree, che 'n man stringea, E con gridi, e latrati alto dicea: XXIV

Qual fieri lupi entro selvaggia sponda, In cui fer scempio di lanoso armento, Sen vanno addrappellati, ove bella onda Spande con mormorio fonte d'argento; Orribil vista! d'atro sangue gronda L'ingorda bocca, e ne rosseggia il mento, Ardono gli occhi, e l'arator lontano Guarda tremante; egli bestemmia in vano.

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