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Aggiornato: 18 maggio 2025
«Riscuotiti, o gigante! Strappa a' tuoi carnefici quelle squame dorate che finora ti abbagliarono la vista. Schiaccia sotto il forte tallone le teste dell'idra. Sperdi nel fango le bave velenose!... Guai se una sola testa uscir
O Chiaravalle, Quante migrar dalle tue chiostre al cielo Consolate colombe e quante ancora Vorrian fermar nelle tue nicchie brune Una pace che fugge! A stento il nido Nelle rovine tue nasconde il picchio, A cui lacera il cor spesso il rimbombo Del cacciator malvagio; e l'ombre stesse Del padri incappucciati (s'egli è vero Che si adunino a notte in mezzo al coro, Quando la luna luccica inquieta A turbare il gran sonno degli avelli) L'ombre dei padri esterefatte balzano Al reo fischiar della macchina nera, Che solca l'orto del convento e versa Bave di foco ed aliti d'inferno Sulla mesta Certosa. O Chiaravalle, Alle tue mura gi
Altre scorrono urlando La reggia; altre stracciandosi le chiome E battendosi il petto van d'intorno Perdutamente; qual con vitreo sguardo Siede come fantasma, e qual, deforme Per isterici spasmi e di spumanti Bave immonda la bocca, a simiglianza Si contorce di frigido ramarro, Cui, smessa a un tratto la pesante zappa, Fiede il villan con infallibil sasso.
E su, e su, e su. Dal ponticello si spia giù quell'orrida spelonca dei primi e mostruosi misteri tellurici: le pareti levigate dalla rabbia delle alluvioni, gli spacchi angolosi dei terremoti, i morsi giganteschi delle bufere, le bave isputacchiate dall'acque e le rogne dei licheni, i rovai dalle foglie sanguigne e la cupa opacit
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