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Aggiornato: 16 giugno 2025


Fu egli che le disse: ave, o fu ella che gli rese grazie della sua cura gentile? Non si sa; forse eglino stessi, interrogati di ciò, non avrebbero saputo chiarire come fosse andato il negozio.

FORCA. Questo è il premio di chi ave aperto la cassa e la borsa di vostro padre, e or ve le porto? PIRINO. Che borsa? che ci è ivi dentro? FORCA. Cento scudi che son il cuor di vostro padre. PIRINO. Come ce l'hai cavati dalle mani? FORCA. Basta l'avemo, a che bisogna saper il modo?

ESSANDRO. Ho adesso quell'istesso animo, che ho avuto per lo passato, di fidarmi nella tua fede; mi parrebbe aver compita felicitá, se non ne facesse a te parte. PANURGO. Dite, ché forse ci troveremo rimedio. ESSANDRO. Gerasto... PANURGO. Che cosa Gerasto? ESSANDRO.... ha pur... PANURGO. Che cosa ave? ESSANDRO.... dato... PANURGO. Bastonate a voi, forse? ESSANDRO. Volesselo Iddio!

Come s’avviva a lo spirar d’i venti carbone in fiamma, così vid’ io quella luce risplendere a’ miei blandimenti; e come a li occhi miei si più bella, così con voce più dolce e soave, ma non con questa moderna favella, dissemi: «Da quel che fu detto ‘Ave’ al parto in che mia madre, ch’è or santa, s’allevïò di me ond’ era grave,

Ma permettete che vi presenti il signor Contini, uno dei più bei giovani di Genova. Non gli credete! soggiunse Marcello Contini con un accento e con un piglio così dolce che «parea Gabriel che dicesse Ave».

¹ A. Albertazzi, Ave; E. Corradini, Santamaura. Da più di un mese questi due romanzi mi si mescolano, con la loro qualit

Non ci è piú speranza, non ci è piú pericolo, non ci è piú che temere, ogni cosa è piena di garbuglio: ecco il fiele che ave amareggiato tutte le passate dolcezze se posso dir in tanto tempo aver gustato alcuna vera dolcezza! BALIA. Che hai dunque determinato di fare?

Come s’avviva a lo spirar d’i venti carbone in fiamma, così vid’ io quella luce risplendere a’ miei blandimenti; e come a li occhi miei si più bella, così con voce più dolce e soave, ma non con questa moderna favella, dissemi: «Da quel che fu detto ‘Ave’ al parto in che mia madre, ch’è or santa, s’allevïò di me ond’ era grave,

Era un canto di grazie; era un concento Che nel vespro nebbioso si perdea; Le foglie e i fior caduti, a cento, a cento Lo ripetean. Dicea: "Ave, o Signor, che ci desti la vita, "Che loto ed aria quaggiù ci mettesti! "Possente Iddio, la tua bont

Una vampata, un fragore, un urlio d'assalitori e d'assaliti, e il fumo, l'orrendo fumo che ci avvolgeva e ci stringeva alle fauci.... Nient'altro.... Non ricordo più nient'altro.... Ave Maria! Chi volete? Vorrei parlare alla signora badessa.... Figlio, è malata. E che ha?

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