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Aggiornato: 5 maggio 2025
Giovedì 12. Andiamo dal re per augurargli il buon giorno, frase sacramentale in Abissinia, dargli rapporto della nostra escursione e ringraziarlo delle guide forniteci, ma lo incontriamo che esce per tenere pubblico tribunale. Sulla piattaforma avanti la porta d'ingresso è improvvisata come una gradinata con quattro o cinque angareb di diversa altezza, tutti coperti con stoffe e tappeti: S. M. è accovacciato sul più alto, ai suoi fianchi stanno in piedi i più fidi della corte, dietro lui qualche soldato custodisce una bandiera regalata un tempo dalla regina d'Inghilterra. Sul davanti la collina scende fino alla piazza del mercato dove stanno migliaia di curiosi, e in prima linea tutti i giudicandi che avanzano man mano che i pretesi uscieri li chiamano. Si fanno salire sul versante dell'altura fino ad una ventina di metri dal palco reale, e qui trovano i loro avvocati elegantemente vestiti con camice rosse, depongono a terra alcuni vasi che portavano, espongono la loro querela. Gli avvocati fanno la loro controscena, il re ascolta, si consulta qualche volta coi suoi vicini, poi emette un giudizio che è inappellabile e trasmesso ad alta voce in modo che possa essere inteso da tutto quanto il numeroso uditorio. Non si trattano qui che cause civili, e i vasi deposti contengono miele, tributo dovuto pel trattamento della causa, che in parte è devoluto al re ed in parte agli avvocati. Ben considerata la cosa per se è ridicola, se si pensa al profondo sapere e alla seriet
Egli non sapeva chi fosse quel Baganella; fumava la sigaretta, guardando una giovane troppo elegante che comperava maglie di seta troppo fini.... Ma dal momento che non stava bene, era giusto augurargli di guarire; se poi non fosse guarito, sarebbe stato lo stesso. Celso Ornavati era gentile e distratto: si dilettava di pittura, di musica, di letteratura, di filosofia, con la misura giusta per non riuscire a nulla, e fumava sessanta sigarette al giorno. Quel giorno aveva letto in treno, accompagnando Vittorina dalla villa in citt
Non iscoraggiti da questo tiro birbone del tempo, al mattino del 4 gennaio 1888 ritentavano la prova, nella speranza che il Monte li volesse benignamente ricevere per augurargli il buon capo d'anno. Invece di Henry, questa volta colla comitiva Sella, partiva Emilio Rey.
Qui il Manzoni sembra certamente voler fare qualche allusione personale. È evidente ch'egli lascia rivolger la parola a Pindaro, perchè gli parrebbe cosa troppo vana ed orgogliosa obbligar le Muse a discendere dall'Olimpo per lui e augurargli di regnar solo in Olimpia. Se così è, noi dobbiamo riconoscere in questa giovine quercia olimpica, che un giorno regner
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