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Aggiornato: 8 maggio 2025
Si scende da una chiesa all'altra mediante scalini, e si crederebbe di essere dentro a catacombe montane, cariche di colori, scintillanti di ceri sugli altari. In queste cripte non si trovano soffitti o pareti che non siano ornati di affreschi, rappresentanti la vita di Benedetto, scene della storia del chiostro e della vita dei santi, o rappresentazioni allegoriche.
V'è tra le altre una vastissima sala, nella cui vòlta si vede un dipinto a fresco di Luca Giordano, che rappresenta una visione di paradiso, con una miriade di angeli, di santi, di figure allegoriche che spaziano nell'aria o sporgono, che paion scolpite, fuor della cornice delle pareti, in mille atteggiamenti arditissimi, e mosse e scorci da far sbalordire.
Parlo con libera schiettezza al Monteverde, perchè lo amo e lo stimo. È un artista con cui si possono citare i Greci, senza essere sospettati di voler fargli dispiacere, nè torto. La quistione del resto non risguarda punto la valentia dell'artista; risguarda semplicemente la scuola, i confini in cui deve restringersi lo studio e l'imitazione del vero. Rammento qui, poichè mi viene a taglio, un altro grande artista italiano, di cui ho ammirato, a Genova, nella necropoli di Staglieno, un bellissimo genio, anch'esso colle ali e coi piedi da biricchino scalzo. Quei piedi erano copiati dal vero; non si poteva far meglio di così, volendo fare dei piedi di ragazzo dodicenne, che dimentichi troppo spesso le scarpe a casa. Ma, per un angelo, quei piedi mi stonano un poco. Imitate il vero dalla testa ai piedi, non dico di no; ma, nel caso di cui sopra, bisogna toglier le ali; anzi, meglio, non far angeli, mai, nè altre figure allegoriche. I Greci, a cui mi piace di ritornare, i Greci, che erano naturalisti in arte quanto noi, se non per avventura più di noi (me ne appello alla Venere di Milo), davano estremit
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