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Aggiornato: 25 maggio 2025
Dal canto del Tirreno peggio precipitaron gli eventi. Matteo Fortuna, condottier di due mila almugaveri, impavido era rimaso tutta la state nelle occupate terre di Basilicata; che non si crederebbe, ma forse Carlo, per troppa fretta del passaggio in Sicilia, lo sprezzò. Costui inanimito agli esempi dell'ammiraglio, una piovosa notte, d'un sol colpo guadagnava Morano, terra e castello; e poscia Montalto, Regina, Rende, Laino, Rotonda, Castelluccio, Lauria, Lagonegro, e altre terre in val di Crati e Basilicata. Eran le armi del re fuggitive e lontane; per contrario, presente nei popoli l'esempio di Nicotra, vivi gli umori di ribellione; ed ivano attorno con molti altri eccitando gli uomini di maggior seguito, due frati calabresi della famiglia dei Lattari: talchè tutti alla nuova dominazione si volser gli animi; fecersi occultamente le bandiere con le insegne di Sicilia; e un soffio a' Calabresi bastava a chiarirsi. Il fe' Tropea, mossa da due frati; e Strongoli, Martorano, Nicastro, Mesiano, Squillaci. E sì certo pareva il tracollo della signoria di Carlo, che principiando a fallirgli i suoi stessi, Giovanni de Ailli, o Alliata, francese, signore di Fiumefreddo in val di Crati, venne a Messina a fare omaggio all'infante Giacomo; il quale confermavagli quel feudo, e un altro ne concedeva. Mileto, Monteleone e altre terre tentennarono ancora: tutte le Calabrie perdeansi, se non era pel conte d'Artois. Questi, seguito alquanto il re, com'ebbe quegli avvisi, pronto voltò coi suoi cavalli; ponendosi a Monteleone a raffrenare i vogliosi di novit
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