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Eppure Calliope Stavro odiava profondamente la passolina. Era una fanciulla a venti anni, alta, elegante di figura, con uno strano e gracile volto bruno sotto il biondo dei capelli, con certi singolari occhi verdi. Anche lei era stata educata a Parigi, una educazione frivola ed arida. L'anima sua era rimasta chiusa.

Da una settimana Dionisio Catargì era partito per la campagna, per la raccolta della passolina che si fa nel luglio. Paolo leggeva un libro francese, un romanzo d'amore. Calliope ascoltava. D'un tratto egli si arrestò e la guardò. Ella era pallida, con gli occhi chiusi. Lui, preso dal suo orgoglio di seduttore, si chinò per baciarla audacemente sulle labbra.

Calliope anche aveva molto ballato; il primo waltzer con Dionisio Catargì, il suo ossuto innamorato, il quale, poichè la passolina era andata splendidamente, era contentissimo e le aveva donato un paio di orecchini di brillanti. Ora, la quadriglia chiamata con voce nasale da un direttore greco, Calliope la ballava con Paolo de Joanna.

Nel collegio le sue bizzarre e gaie amiche, con lo spiritello francese demolitore, le avevan messo in burla la Grecia, i Greci, i clefti, lord Byron, Haydée e l'uva passolina. Poi le avevan dato a leggere quello spiritoso, sincero e perfido libro di About: La Grèce contemporaine. A questo fuoco vivo di ridicolo, molte cose in lei si erano disseccate.

Galantuomo, ricco, grossolano, parlando un francese spaventoso ed un inglese commerciale, amando le canzonette italiane, il vino di Porto, idolatrando la passolina, era un buon fidanzato, sarebbe stato un ottimo marito. Faceva la sua corte nel modo più rudemente innamorato che sia possibile, e Calliope Stavro l'accettava senza disgusto, ma senza piacere.