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Calliope non ebbe proprio nido dal sommo padre: ei volle ch'in ciascuna, de l'altrui stanze fosse la sua stanza: e le buone sorelle a la sorella congiunte in dolce amor, in dolci accenti cantando insieme fan dolce armonia. Movete, o sante Dive, a i vostri onori, cinte le tempie d'odorati allori.

Lei ascoltava e talvolta un'aura di sorriso ironico le aleggiava sulle labbra. Paolo se ne accorgeva e desisteva. Calliope lo irritava. Ella scomponeva la sua calma olimpica. Allora, pensando che ella fosse frivola e vana, le portava i giornali francesi, le canzonette della nuova operetta, i libri nuovi. Li leggevano insieme. Lui leggeva benissimo, con una voce in cui tremava un'emozione strana.

Dietro quel Nume della sua letteratura ha fatto conoscere, come astri di corteggio intorno al sole, una schiera di spiriti pellegrini che svilupparono i germi del pensiero moderno raccolti e chiusi nella sintesi dantesca: Petrarca .....Quel dolce di Calliope labbro Che Amore, in Grecia nudo e nudo in Roma, D'un velo candidissimo adornando, Rendea nel grembo a Venere celeste;

Signoreggiano in cielo, e 'n su la terra han signoria quell'anime celesti: e ciascuna di lor da la sua spera, Calliope da tutte il lor valore spargon quaggiù ne i più chiari intelletti. E qual del divo spirto ha l'alma ingombra a lui s'apre Elicona: a lui le chiome cingono i lauri: a lui non si disdice spenger la sete al fonte d'Aganippe.

Il culto della Bellezza e dello Amore riconduce la nostra schiatta diseredata alla sua origine divina. O Francesco Petrarca, tu che per prova intendesti amore; dopo tanti dolci concetti, con quale amaro liquore ti bagnò il labbro Calliope quando dettasti questi versi ingiocondi: Ei nacque d'ozio, e di lascivia umana, Nudrito di pensier dolci e soavi, Fatto signore e dio da gente vana?

Sente egli la difficoltá dell'impresa, ed è quasi smarrito innanzi all'altezza del soggetto: chiama in soccorso Apollo e Calliope, manda un'apostrofe calda alla Fortuna; nessuno risponde. Finalmente gli appare la Provvidenza; gli fa da guida e da maestra, e lo introduce ella nel palazzo della Fortuna.

E tu i cari parenti e l'idïoma Desti a quel dolce di Calliope labbro Che amore in Grecia nudo e nudo in Roma D'un velo candissimo adornando Depose in grembo a Venere celeste. Ma chi furon quei due giovinetti che nel gruppo dei più arditi tra gli Argonauti volevan precederli verso il nemico gareggiando a chi doveva affrontarlo pel primo?

Essa era fiera, ma più spesso indifferente; qualche volta un riso sprezzante e stridulo metteva la sua dissonanza in una conversazione, ma più spesso non vi era sorriso in lei; era capricciosa talvolta, ma più spesso lo sbadiglio ignobile contorceva la linea sottile della bocca: una stanchezza mortale decomponeva l'espressione del suo volto. Calliope Stavro non era poetica.

Calliope anche aveva molto ballato; il primo waltzer con Dionisio Catargì, il suo ossuto innamorato, il quale, poichè la passolina era andata splendidamente, era contentissimo e le aveva donato un paio di orecchini di brillanti. Ora, la quadriglia chiamata con voce nasale da un direttore greco, Calliope la ballava con Paolo de Joanna.

Galantuomo, ricco, grossolano, parlando un francese spaventoso ed un inglese commerciale, amando le canzonette italiane, il vino di Porto, idolatrando la passolina, era un buon fidanzato, sarebbe stato un ottimo marito. Faceva la sua corte nel modo più rudemente innamorato che sia possibile, e Calliope Stavro l'accettava senza disgusto, ma senza piacere.