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"E chi?" mi domandai un'altra volta senza frutto. "E se voi, aggiunsi più forte volgendomi ad Ortensia, e se voi, avvenente ed inconscia della vita, non siete felice, chi mai, buon Dio, potrebbe esserlo?"

Ma in quella che io mendicava al linguaggio degli uomini la parola che rispondesse al sentimento profondo dell'anima, Ortensia fissò lo sguardo sovra di me, e con insistenza così palese, e con espressione di tanta e dolcissima mestizia, che io ne perdetti affatto affatto la rettorica. "Quanto doveva essere felice!" disse ella sospirando. "Chi?" domandai a me stesso e non osavo interrogarla.

Perchè, sentendo vacillare la confidenza in medesimo, così si smarrisca e si prostri, da non poter levare la voce severa del rimprovero. Ortensia mi guardò e chinò il capo. Forse ella leggeva nel mio seno la tempesta che vi ruggiva, comprendeva il mio imbarazzo, ne aveva piet

Ma la sua mestizia profonda rivelatasi al primo sguardo, e l'eccessiva sensazione di compianto prodotta in lei dalla vista dell'allodola, mi ritornavano alla mente a torturarmi. A poco a poco però un altro sentimento più potente sviò il corso dei miei pensieri. E mi raccolsi come per penetrare dentro di me, come per rapire il mio segreto e mi domandai sbigottito: "amo io davvero Ortensia?"

E poichè l'una cosa chiamava l'altra, volli sapere se Ortensia mi amasse ma la margherita erami stata tolta pur essa dal vento; io me n'era accorto; però rimpiansi il segreto della mia pace involatomi colle ultime foglie della mia povera sibilla. Ridiscesi il facile pendio della collina, e così chiuso nei miei pensieri, mi ritrassi nella mia cella. Non volli vedere alcuno.

L'immagine trassemi a pensare ad Ortensia, a fantasticare viaggi capricciosi per l'etere, a scegliere per comune dimora una nuvola infuocata, e velare e confondere nelle sue trasparenze i nostri amplessi perenni.

Il mio cuore quetavasi a quello spettacolo io ritrovava un palpito, un saluto per ogni cosa. "Questo è dunque l'amore" pensai poco stante "riso di natura e di cielo, un'ultima rondine che migra, un'immagine fantastica di donna, e un cuore che batte." M'arrestai un istante. Il mio pensiero si restituiva con ardore ad Ortensia.

Adolfo arrossì io tremai ci ricambiammo i complimenti della presentazione con voce fioca e convulsa.... »Mia madre disse: Eccoti, Ortensia, un egregio dilettante, di flauto, che verr

Animato nel proposito di palesare l'amor mio dappoi che lo sentiva crescere a un tratto nel mio core, e mi pareva propizio l'istante io vedeva Ortensia più bella e più seducente, e leggeva nel suo sguardo un tacito invito. Ma in pari tempo notava il pallore delle sue gote, l'immobilit

"Me misero! me misero! ripetevo avvilito ahi! tristo cavaliero ch'io sono! Però io mi trovai innanzi ad Ortensia così confuso, da parere uno scolaretto colto in fallo che s'aspetti lo staffile.