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Quando venne da me l'Orlando quella sera, eran passati due giorni ch'io non mi poneva in mare impedito dalle nebbie, che in quell'anno frequentissime, avean durato tutto il mese di maggio, e in quelle due notti appunto s'erano alzate foltissime. E per ciò, uscito di casa quella sera, e veduto come l'aria invece era sgombra affatto e lucentissimo il cielo, pensai di mettermi in mare, e saltato in un mio battello che tenevo legato a un piccol molo, in poche sbracciate fui ben lontano dalla riva, e così senza pensarci, tirato da quelle care bellezze, m'innoltrai molto in alto. Non era passata un'ora, quando a un tratto, come se per arte si fosse stirato un gran velone, mi trovai circondato dalla nebbia, leggera però in sulle prime, e diafana così, che lasciava vedere come un chiarore perlato. Fin qui quel nuovo fenomeno mi piaceva moltissimo, ma la nebbia in poco d'ora si raddensò tanto, e fu così folta tenebra d'intorno a me, che temendo di non poter ritornare per quella notte, maledii d'essermi posto in acqua. E speravo soltanto fosse per passar qualche barca di pescatore, che in quelle notti nebbiose colle torcie a vento vanno a cerca d'arz

L'autunno era giunto con una grande malinconia di giornate nebbiose. Dalle feste d'Ognissanti una fredda pioggerella cadeva senza tregua. Durante le sere, gi

Che angustian l'anima di quei che vivono! E sulle spiagge dei vasti océani Singhiozzo e vagolo, fremo ed impreco Al Fato bieco Che in quest'assidua vita, pulviscolo Gramo, mi esagita; che in questo circolo Triste m'avvinghia dell'esistenza; Vana parvenza, Il Vespro è l'íncubo della mia splendida Musa, che inebbriasi di ardenti cantici Allor che in candide nebbiose bende L'alba risplende;