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Discopron elle in tra' capei prolissi, ridendo a sommo, il ventre bianco e il petto. Or, prono a la soave riva, il lene Ila sente vanir sua conoscenza, quasi di bocca la divina essenza d'un frutto gli si strugga per le vene. E le najadi in lunga teorìa sorgon, gli avvincon de le braccia il collo. Ila chiomato, oh simile ad Apollo! Ei beve, ei beve; e il caro Ercole oblìa.

Ai lidi i cigni muovono, dove in profondi spechi donne misteriose da gran tempo prigioni vivono, inconsce d'ogni diletto de l'amore. Come Leda Tindaride a 'l dio Giove soppose così le occulte najadi, ch'entro l'adamantino gelo de l'acque il Sole non mai baciò scorse, offriranno il lor vergine seno. Ed un'alma prole nascer

Insidiose, in lunghi allacciamenti, ondeggiano le najadi lascive: balenano di riso ne le vive bocche le chiostre nivëe dei denti. Sogguardan elle con languida brama Ila, si torcon elle in fra le piante. O figliuolo del re Teodamante, non così dolce mai Ercole t'ama! O tu, de li Argonäuti diletto, a cui cingon la fronte i bei narcissi!

Le coppe ampie de 'l loto splendono ivi, non tocche: su 'l loro stelo immoto paiono aperte bocche. Ancora il vaso d'oro che a l'acqua Ila protese, la vasta urna cretese da 'l bel fianco sonoro, fa co 'l suo grave pondo le foglie ancor piegare. Ma non s'odono a 'l fondo le najadi cantare. Le najadi procaci, che il giovinetto sire ad Ercole rapire osarono co' baci,

Ma è lecito invocare le Najadi e non Cupido!... Realismo incompleto.... Mio zio tuffandosi nelle onde salutari colla volutt