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E aggiunse, con una occhiata di traverso: E lei farebbe bene a imitarmi, per rispetto ai suoi ospiti! L'albergatrice rimase intontita, fulminata da tanta austerit

Trovò la Teobaldi in cucina; parlava sommessamente con l'albergatrice, presso la tavola, sulla quale eran disposti i piatti e le posate sporche. Loredana s'affacciò alla soglia, e con voce che fece dare un sobbalzo alla Teobaldi, chiamò: Signora Clarice!

La Teobaldi, rimasta sola, col cuore gonfio di gratitudine per la missione delicata affidatale da Loredana, col cuore gonfio di sconforto per la partenza della fanciulla, disdegnando esprimersi con l'albergatrice, salì nelle camere di Loredana, ne trovò l'uscio aperto, entrò.

L'albergatrice, che le serviva ella stessa a tavola, indovinò qualche avvenimento grande, e, chieste notizie della «signora contessa», non domandò altro; poi dispose per avere una carrozza che le conducesse a Desenzano, dove avrebbero preso il treno; e fu stupita, apprendendo che lasciavano i bauli e le valigie.

Mentre i due vetturali scaricavano i bauli, gli amanti salirono a veder le camere, e sulla scala s'imbatterono in una signora ampia di forme, col viso pitturato e le sopracciglia duramente segnate a nerofumo. Ella salutò chinando la testa, e si fece da un lato. È la signora Teobaldi, di Verona, disse l'albergatrice, che seguiva. Una buona e bella signora.

Dove sarebbero? domandò la fanciulla stupita. Quella signora di Verona, per esempio: Teobaldi o Tibaldi o Ribaldi.... L'albergatrice ha detto che è buona.... , osservò Filippo, ma ha detto pure che è bella! E allora, stiamo freschi! Loredana diede in una risata, pensando alle terribili sopracciglia immobili.

Era un'idea di Emma, la quale non voleva portarsi a casa i regali e il corredo fatti dal conte a sua figlia. Vuol dire che tornano? osservò l'albergatrice. Senza dubbio, rispose Emma. In ogni modo, il conte s'incaricher

L'albergo fu sossopra; accorsero alle grida della signora De Carolis l'albergatrice e la signora Teobaldi; poi uscirono ambedue, soffiando e galoppando, e tornarono l'una con una bacinella d'acqua fresca, l'altra con una boccetta di sali. In ginocchio presso la figlia sempre immobile a terra, Emma le aveva slacciato il busto; ma non riusciva a sollevarla.

Bene, bene, me ne vado, concluse Clarice. Si alzò e si avviò verso l'uscio, per recarsi nella sua camera; ma l'albergatrice aveva voglia di chiacchierare, e riprese: Che ne dice? Di che? Ma di questa partenza. Ha visto com'era disfatta la signora contessa? Che ne dice, lei? Io? Io ho l'abitudine di non impacciarmi degli affari altrui, sentenziò la Teobaldi.

Fissò la tappezzeria della camerina da letto, una tappezzeria cilestre a fiori mavì, che parevan piccoli cavoli o piccole teste rincorrentisi in lunghe file verticali e orizzontali; si mise a contar quei segni, a guardar gli spazii cilestri tra fiore e fiore; e restò così, con gli occhi rossi e velati, fin che l'albergatrice non le recò la colazione, disponendola sulla tavola del salotto.