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Questo Capitolo ormai troppo voluminoso ci costringe a tralasciare il racconto di una serie di piccole perfidie, e di piccoli fatti d'arme, quasi tutti tra loro somiglievoli, pei quali Manfredi, sotto il Pontificato di Alessandro IV, vinti gli esterni e gl'interni nemici, riconquistò tutto il Regno di Napoli. Più grave caso, e degno di memoria è quello pel quale Manfredi di Vicario giunse a farsi nominare Sovrano del Regno di Napoli; e qui lasciato Niccolò Iamsilla scrittore ghibellino, mi fa mestieri appigliarmi a Giovanni Villani di fazione guelfa. Narra dunque costui, «che Manfredi, vedendosi in istato ed in gloria, si pensò essere Re di Sicilia e di Puglia; e perchè ciò gli venisse fatto, si recò ad amici con doni e promesse i maggiori Baroni del Regno; e sapendo come del Re Corrado suo fratello era rimasto un figliuolo chiamato Corradino, il quale per diritta ragione doveva essere erede del Reame di Sicilia e di Puglia, pensò una frodolenta malizia per esser Re. Adunati tutti i Baroni, propose loro cosa si dovesse fare della signoria, perocchè egli avesse novelle come il suo nipote Corradino fosse gravemente ammalato, e da non potere mai reggere il peso di un Regno. I Baroni consigliarono che mandasse suoi ambasciatori in Lamagna per sapere dello stato di Corradino; e se fosse morto, od infermo, fino d'allora protestavano volere Manfredi per Re loro. A ciò si accordò Manfredi come colui che aveva tutto fintamente ordinato, e mandò ambasciatori a Corradino e alla madre con ricchi presenti e grandi profferte; i quali giunti che furono in Isvevia trovarono che la madre del garzone, Elisabetta di Baviera, come donna di gran cuore ed avveduta, gli facea buona guardia, tenendolo confuso con diversi fanciulli di sua et

«Godo infinitamente» disse Re Zuccone, quando ebbero terminato «che vojaltri abbiate tutti in così buon concetto la mia figliuola carissima; ma, se cicalate così, non potremo appurar mai la buona idea, che levate a cielo, prima ch'ella abbia potuto dichiararcela». Subito gli Esteri sclamarono: «Ammutolisco!». Gl'Interni: «Taccio!». I Lavori Pubblici: «Fo silenzio!».

Ecco dolenti mi s'accrescon gli anni A pianger de' miei regi il sangue morto, E bene esperta de gli umani inganni Ritrovo angoscia, ove cercai conforto. Quì per la forza de gl'interni affanni Bagna di caldi pianti il viso smorto, E tra lunghi sospir non fa parola. Ma quei tormenti il Cavalier consola: XVII

Il Mandello quasi fu per tradire gl'interni pensieri, tanto sensibile fu la scintilla che gli balenò tra ciglio e ciglio all'udire che il De-Forses accettava, soggiunse poi: Non trattasi di fioretto, caro mio; coi fioretti si giuoca, e allora a che il sangue freddo? Per conoscere quali sono le virtù indispensabili allo schermitore, conviene che chi combatte il faccia per la vita.