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Verso le tre pomeridiane di quel giorno, lunedì 4 novembre, il maggiore Fauchion per preservarci dalle brutalit

Per caso passommi accanto il terribile maggiore Fauchion, che tirava moccoli contro i papalini e i preti disturbatori dell'ordine militare, e riconosciutomi per avermi visto in castello e additandomi i nostri fucili infranti lungo la strada mi apostrofò con aria di meraviglia e simpatia: O come! voi fate la guerra con coteste armi?

Capitò poscia in castello, furibondo e sbraciando come un'anima dannata, il maggiore Fauchion, capo di stato maggiore del generale Polhès, che rinserrò quattordici o quindici ufficiali garibaldini nella oblunga stanzuccia da letto a tramontana della custode, con intimazione di depor tosto sul tavolo alla parete tutte le armi, di cui fossimo in possesso, sotto pena in caso di rifiuto d'immediata fucilazione.

Tu la consegni? mi chiese Tamanti. Io no, e tu, Mago? Neppur io. E attendevamo in silenzio la nostra sorte. Per fortuna e non si sa per qual cagione Fauchion più non riapparve e invece un sergente del pelottone, nostra spada di Damocle, venne ad aprire e a dirci che tutti gli ufficiali erano liberi di uscir dal castello e scendere in borgo.

Lo stesso cardinale dal dito di Dio si rivolse alle formidabili ingiurie, capì che il maggiore irritato non canzonava, mise la papalina in testa, abbassò dopo un istante di esitanza il famoso ditaccio, e si fermò ragionevolmente ad ammirare la sfilata delle truppe francesi, che ora procedeva a dovere. E storia genuina è tutta questa, e il maggiore Fauchion, se ancora vive, può attestarla.