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Se la morte era di persona della Famiglia reale, il bruno doveva essere intero, completo, fino alla mancanza della inevitabile cipria alle parrucche e delle dentelles alle maniche delle giamberghe. Così fu per la morte della Imperatrice Maria Teresa, madre della Regina, notizia per la quale fu mandata in giro (6 febbr. 1783) un’elegante circolare in questi termini: Il Marchese di S. Croce Capitano Giustiziere nell’atto di riverirla distintamente le fa sapere, che dovendosi celebrare nel Duomo per nove giorni continui l’Essequie, e Funerale per la morte dell’Imperatrice Regina Madre della Regina N. S. cominciando dal giorno 16 del corrente per tutti li 24 dello stesso; perciò S. E. Sig. Presidente del Regno il primo, ed ultimo giorno, due ore prima al mezzogiorno abbasser

Così narra Ammiano, e da lui non discorda Giuliano stesso nell’elogio dell’imperatrice Eusebia ch’egli scrisse per attestarle la sua riconoscenza, elogio nel quale il nuovo Cesare, come negli altri due discorsi diretti all’imperatore Costanzo, cela, sotto la maschera della devozione, i suoi veri sentimenti. Egli pure narra le pompe solenni e i donativi ricevuti, specialmente da Eusebia. Ed insiste su di un pensiero tanto gentile dell’imperatrice che basta a dimostrarci come, fra lei e Giuliano, dovessero correre relazioni confidenziali ben più strette di quanto appare dai discorsi ufficiali. «Io voglio, egli scrive, rammentare uno dei suoi doni, perchè ne ho avuto un singolare godimento. Siccome essa sapeva che io avevo portati con me pochissimi libri, nella speranza e nel desiderio di ritornarmene a casa il più presto possibile, così me ne diede tanti e di filosofia e di storia e di retorica e di poesia da soddisfare largamente il non mai saziato mio desiderio dei loro colloqui, e da trasformare la Gallia in un Museo di libri greci. Non staccandomi mai da quel dono, non è possibile che mi dimentichi della donatrice. E, quando io parto per una spedizione di guerra, ho meco uno di quei libri come un viatico della marcia»⁵⁵. Giuliano si esalta nell’esprimere l’ammirazione per la sua protettrice. «Quando io giunsi al suo cospetto, mi parve di vedere, in un tempio, ritta la statua della saggezza. La riverenza empì l’anima mia, ed inchiodò, per qualche tempo, i miei occhi al suolo, finchè essa mi esortò ad aver coraggio.

Sul medesimo stampo e col medesimo carattere di discorso ufficiale è scritto anche il panegirico dell’imperatrice Eusebia, che, in parte, gi