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In quanto a lui, dell'indipendenza non gliene importava punto poco; solo vedeva con piacere per le vicende della guerra la guarnigione crescer ogni giorno, e molti dal di fuori rifugiarsi a Venezia. E per mettersi, come si dice, a livello delle circostanze, il signor Oreste ingrandiva la sua trattoria, si provvedeva di vini napoletani che richiamassero alla Venezia risorta i prodi seguaci di Guglielmo Pepe, migliorava il servizio, e dava impiego a due nostre vecchie conoscenze, esuli dalla provincia, la bella caffettiera d'Oriago e il relativo marito. , la Rosetta e Menico, all'avvicinarsi degli Austriaci avevano stimato opportuno di chiudere il caffè e di fuggir gli invasori. Veramente Menico, sulle prime, non capiva perchè i Tedeschi, tornando, dovessero prendersela direttamente con lui; ma sua moglie, la quale correva dietro a un sott'ufficiale della legione romana, tanto disse e fece per provare al consorte ch'egli s'era compromesso in un modo tale da rischiar la vita ove fosse rimasto, che egli finì col persuadersi di essere un gran patriotta minacciato del patibolo e accondiscese a emigrare, come facevano altri che, a sentir la Rosetta, erano assai meno compromessi di lui. Giunto fra le lagune con pochi quattrini, egli si sarebbe mangiati ben presto anche quelli aprendo un'osteria, se l'ottimo signor Oreste non ne lo avesse sconsigliato e non avesse offerto a lui e alla consorte un posto sicuro e onorevole presso la sua Venezia risorta. Dopo qualche titubanza i coniugi si acconciarono alla necessit