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Acacia, amor platonico Linguaggio dei fiori. Si vedevano in mezzo a molta gente, si scambiavano un saluto breve e distratto, sedevano sempre lontani. Fra loro non ci erano sguardi, sorrisi. Si conoscevano solo di nome, nulla avevano di comune. Egli, Renato, venuto dalla nativa Germania, diviso dai suoi cari, sotto l'affannoso ricordo di dolori recenti, era serio e grave per natural costume; e frequentava gli allegri ritrovi per non attirarsi la taccia di misantropo. Ella, Cherubina, una fanciulla umile e timida, slanciata nella societ

Anche Pill, il mio cane da caccia, si fermò su quattro piedi, col muso in alto, e la piccola coda piena di meraviglia. La Cherubina mi aveva detto prima ch'io uscissi di casa che si sarebbe fatta colazione alle undici, più tardi del solito, perchè si aspettava mio fratello coi parenti della sposa.

Non aveva più la mammina, quella cara mammina, al cui orecchio essa aveva mormorato tutti gli ingenui desiderii della infanzia; la mammina se n'era andata e la Cherubina non diceva nulla a nessuno; anzi tremava tutta al solo pensiero che egli comprendesse qualche cosa; e si sedeva in un angolo recondito, lontana dai pericoli. Passò tanto tempo.

Una sera in un ballo Cherubina era intenta a rialzare i petali dei suoi fiori, fiori che appassivano in mezzo ai lumi ed ai profumi artificiali; Renato, alle sue spalle, discorreva con un amico. Sai? parto disse. Torni presto? Non so, non lo credo.

Eppure, nel profondo segreto del cuore, Renato amava la fanciulla. Quel cuore che aveva tanto sofferto, in cui si erano scatenate le tempeste della passione e dell'ambizione, quel cuore che aveva palpitato e pianto, riuniva tutte le sue forze di affetto per amare Cherubina. Era un amore intelligente, cioè amore di uomo che ha gi