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Io non batteva palpebra. Avanzatosi fino alla met

Il Malumbra non potè uscire da , un agente segreto di quel consiglio lo dovette condurre fuori. Disceso il Malumbra nel cortile, avanzatosi sulla piazza, respirato l'aria aperta, la mente fatta ottusa e buia a tutta prima, gli si rischiarò un tratto, s'accorse in quel momento della borsa che gli era stata gettata, e che egli, senza pure saperlo, aveva sempre tenuto stretta nella mano convulsa.

Merita d'essere ricordata la gloriosa morte dello Schiaffino e l'orribile ferita che ebbe Elia nella battaglia di Calatafimi. Ecco come l'Elia stesso la racconta in una lettera al Dott. Riboli. «Io non era aggregato a compagnia a battaglione. Fra Menotti Garibaldi, Schiaffino e me, si era stabilito un patto di non accettare pel momento alcun servizio, ma tutti e tre rimanere al fianco del Generale. Allorchè i Cacciatori napoletani, che provarono ad assalire i nostri, si dovettero ritirare inseguiti dai Carabinieri genovesi, Menotti, Schiaffino colla bandiera, ed io ci slanciammo dietro ai fuggenti, ma tanta fu la nostra foga entusiastica, che arrivati su l'erta posizione nemica, ci accorgemmo d'esser soli, ed era naturale che dovessimo pagare il fio della nostra arditezza. Diffatti il bravo Schiaffino cadeva trafitto da numerosi colpi, e lo stesso sarebbe avvenuto a Menotti che, nel raccogliere la bandiera, fu ferito in una mano, se io abbracciatolo, non mi fossi lasciato cadere con lui da un rialzo, che formava una specie di trincera. Quivi rimasti un poco a prender fiato, io nel volgermi per rispondere al capitano Frescianti che mi chiedeva cartucce, vidi che il generale Garibaldi, distante un buon tratto dalla colonna garibaldina, s'avanzava solo a piedi contro l'inimico. Immediatamente mi slanciai verso di lui, e raggiuntolo, mi sovviene avergli indirizzato queste parole: Generale, perchè esporvi così? Una palla che vi colga siam perduti noi e con noi l'Italia nostra. Egli rispose col grido di avanti e roteando la sua spada ad incoraggiamento, invitava all'assalto le nostre colonne. Io avea appena pronunciate le suddette parole, che, volta la faccia al nemico, vidi che un cacciatore napoletano, avanzatosi verso di noi, spianava la sua carabina alla direzione del Generale. Ebbi appena tempo di fare un passo avanti, e un colpo terribile mi colse alla bocca, e mi stramazzò a terra col ventre in alto. Pareva che soffocassi, e nel mentre cercava di rivolgermi, il generale Garibaldi s'inchinò verso di me e mi indirizzò queste parole: Coraggio, mio Elia, di queste ferite non si muore. E stese la mano per istringere la mia». E difatti il bravo Elia non morì; rimase col