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Aggiornato: 18 maggio 2025


«Spesso invece, mai senza una giaculatoria secondo la mia intenzione, mi rompo gli stinchi, nei vestiboli delle Pinacoteche e dei Musei, in quello strumento di supplizio che non ha nome italiano, e che chiamano il tornichetto.

Questo palazzo ha due facciate, l'anteriore e la posteriore, e per conseguenza due grandi vestiboli, ognuno dei quali è largo ventiquattro metri e lungo trecento cinquanta, cioè quanto la facciata medesima, «sotto le cui tre cupole ei corre e si dilata fiume di cento popoli che fanno.... un'insalata». L'insalata dei popoli è un'immagine che il Preti e l'Achillini m'invidieranno dalla tomba.

Il resto d'Italia, invece d'obbligare il Governo a lasciar proseguire i Volontari vincitori, almeno sino a Roma, si trincerò nel dolce far niente, e le botteghe dei preti si stiparono di devotissima ciurmaglia, sino negli atrii e vestiboli, per rendere grazie a Dio d'aver conservato all'Italia il suo maggior nemico, la causa di tutte le sue vergogne e sciagure.

Quest'uomo misterioso e sinistro era il vero marchese di Trapani. Non parlava mai con gli altri servitori, se non per dar loro comandi: mangiava solo: nelle ore di riposo lo vedevano seduto nel giardino, nei vestiboli, o nelle anticamere, sempre dove era facile qualcuno passasse, con un libro di preghiere in mano.

Di sera, quando portavano a veglie ed a festini la dama, si aggiungeva loro un numero di sei, otto paggi, che reggevano torce accese, le quali essi, appena arrivati nel vetusto palazzo, si affrettavano a spegnere nei buchi nascosti dietro le porte dei vestiboli.

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