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Ma in alto vi sono degli ufficiali che discutono impedendogli di passare. In quattro balzi raggiungo Fatutto spingendo tutti dentro a pugni. Il colonnello col microfono all'orecchio mi volta la schiena seduto. Lo strappo indietro prendendolo alle spalle. Rompo il filo e consegno l'apparecchio al borghese che mi aveva seguito. Te lo regalo, via! E voialtri, tutti, giù, fuori!

La contessa Giulia entrò come un uragano, gettando le braccia al collo della Valdengo e sprigionando da tutta la persona un acuto profumo d'ireos. Lo so, lo so che non vuoi ricever nessuno... Me l'ha detto la tua cameriera... Ma non la strapazzare... Io le ho risposto: Rompo la consegna e assumo io l'intera responsabilit

PEDANTE. Omnis repletio mala, panis autem pessima. STRAGUALCIA. Pedante poltrone! Ti rompo, un , la bocca, s'io vivo. AGIATO. Venite, gentiluomini, ché lo star fuore al freddo non è cosa da savi. FABRIZIO. Eh! Noi non siam cosí gelosi, no. FRULLA. Sapiate, signori, che questa ostaria dello «Specchio» soleva esser la megliore ostaria di Lombardia.

DON IGNAZIO. Non ad altro che ad onesto e onorato fine. ANGIOLA. Perdonatemi se cosí immodestamente vi rompo le parole in bocca.

Dice l'Acqua al Sasso: Io garrula Rompo al monte gli aspri fianchi, Fresca scendo ai campi, agli aridi Cespuglietti, ai fiori stanchi: Di mia voce apro il silenzio Delle valli e rido al cielo: Sempre lieta ad un'incognita Meta io scivolo ed anelo. Quando mai tu muovi un passo? Nel mio corso io sono il simbolo Del progresso che si avanza.... Ed io sono la Costanza! In suo cor brontola il Sasso.

Il terzo bagno non merita di essere nominato: e la cena si assomiglia al pranzo. Dunque sto zitta: e attendo la sera. A sera c'è radunata nel salone, si fanno crocchi, si ballano dei lancieri e delle quadriglie, si chiacchiera.... Vuoi ascoltare? Mi fai un verissimo piacere: perchè così rompo l'ordine cronologico, e salto con te di palo in frasca. Dunque che mi dice, contessa?

L'ho comperato apposta stamattina per averlo più fresco, e due volte sono uscito di casa senza ricordarmi di prenderlo la prima, la seconda volta. Per cui ho dovuto risalire una terza volta le scale al buio e quasi mi rompo il naso nello stipite dell'uscio. Ah vecchio giovinastro! tu hai bisogno di prender moglie.

«Spesso invece, mai senza una giaculatoria secondo la mia intenzione, mi rompo gli stinchi, nei vestiboli delle Pinacoteche e dei Musei, in quello strumento di supplizio che non ha nome italiano, e che chiamano il tornichetto.

Non fare rumore, sopratutto e non perdere di vista i ribelli. E i coccodrilli? Non ne vedo attorno al banco, eppoi ho la scimitarra. Il primo che vedo uscire dall'acqua e avvicinarsi a me gli rompo la testa. Orsù, affrettiamoci prima che l'oscurit

PANFAGO. Questo è quel pazzo di poco anzi, nol conoscete? DOTTORE. Certo che mi par quello: ride, salta e cava fuor la lingua. PANFAGO. Scampa, dottore, ché non ti còglia un'altra volta. FILIGENIO. Vien qui. Dimmi: chi sei tu? parlavi poco anzi come un filosofo; come hai or cosí perduta la lingua? Se non rispondi, ti rompo la testa. Oimè, oimè; aiuto, aiuto, ché costui non m'ammazzi!