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Aggiornato: 26 maggio 2025
Ma ben dal sonno il Saracin lo desta: gli cinge il collo col braccio possente; e con tal nodo e tanta forza afferra, che de l'arcion lo svelle, e caccia in terra. 125 Non fu in terra sì tosto, che risorse, via più che d'ira, di vergogna pieno; però che a Bradamante gli occhi torse, e turbar vide il bel viso sereno. Ella al cader di lui rimase in forse, e fu la vita sua per venir meno.
Poi mi tento`, e disse: <<Quelli e` Nesso, che mori` per la bella Deianira e fe' di se' la vendetta elli stesso. E quel di mezzo, ch'al petto si mira, e` il gran Chiron, il qual nodri` Achille; quell'altro e` Folo, che fu si` pien d'ira. Dintorno al fosso vanno a mille a mille, saettando qual anima si svelle del sangue piu` che sua colpa sortille>>.
E quel di mezzo, ch’al petto si mira, è il gran Chirón, il qual nodrì Achille; quell’ altro è Folo, che fu sì pien d’ira. Dintorno al fosso vanno a mille a mille, saettando qual anima si svelle del sangue più che sua colpa sortille». Noi ci appressammo a quelle fiere isnelle: Chirón prese uno strale, e con la cocca fece la barba in dietro a le mascelle.
E quel di mezzo, ch’al petto si mira, è il gran Chirón, il qual nodrì Achille; quell’ altro è Folo, che fu sì pien d’ira. Dintorno al fosso vanno a mille a mille, saettando qual anima si svelle del sangue più che sua colpa sortille». Noi ci appressammo a quelle fiere isnelle: Chirón prese uno strale, e con la cocca fece la barba in dietro a le mascelle.
78 Chi vide mai dal ciel cadere il foco che con sì orrendo suon Giove disserra, e penetrare ove un richiuso loco carbon con zolfo e con salnitro serra; ch'a pena arriva, a pena tocca un poco, che par ch'avampi il ciel, non che la terra; spezza le mura, e i gravi marmi svelle, e fa i sassi volar sin alle stelle;
11 Non così freme in su lo scoglio alpino di ben fondata rocca alta parete, quando il furor di borea o di garbino svelle dai monti il frassino e l'abete; come freme d'orgoglio il Saracino, di sdegno acceso e di sanguigna sete: e com'a un tempo è il tuono e la saetta, così l'ira de l'empio e la vendetta.
Che atro nembo di polve alza a le stelle, Che ne gli antri profondi agita l'ira Del vasto mar, che le foreste svelle, Ed isvelte su turbini le gira. Come il vulgo infedel tante procelle Contra sè volte e 'l folgorar rimira, Smarrisce il cor. Ma più terribil stringe AMEDEO l'armi, e contra lor si spinge.
Poi mi tento`, e disse: <<Quelli e` Nesso, che mori` per la bella Deianira e fe' di se' la vendetta elli stesso. E quel di mezzo, ch'al petto si mira, e` il gran Chiron, il qual nodri` Achille; quell'altro e` Folo, che fu si` pien d'ira. Dintorno al fosso vanno a mille a mille, saettando qual anima si svelle del sangue piu` che sua colpa sortille>>.
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