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ESSANDRO. So che, disponendoti d'aiutarmi, posso promettermi dal tuo ingegno quanto desidero. PANURGO. Pensi che sieno finite le stampe di quei Davi e Sosi e di quei Pseudoli delle antiche comedie? Or stammi di buona voglia. ESSANDRO. Andiamo a casa tua, che vo' vestirmi da maschio, ché oggi la vo' finir con Cleria: tentar prima l'animo suo e palesarle il tutto, poi seguane quel che si voglia.

È ferma deliberazione dell'anima mia non esservi renitente in cosa alcuna: non mi riterrá muro terra cielo, seguane quel che si voglia; pur che sia insieme con voi, ogni luogo m'è patria, ogni fatica m'è dolce, niun pericolo mi spaventa. E veramente per amor non si denno stimar i pericoli. ATTILIO. Non vorrei, cuor mio, andando cosí di fuori, perder quello che ho in casa.

PANURGO. Seguane quel che si voglia, vo' piú tosto che tu ti penti d'averme usato impietá, ch'io di non aver fatto il mio debito. GERASTO. I padroni, se ben patiscono spese, carceri, esili, disaggi, sempre la scappano alfine; i servi pagano sempre. PANURGO. Quanto piú viverò libero e con men travagli, tanto io morrò piú sodisfatto.

ERASTO. Orsú, cosí son rissoluto di vederla a mio modo, e se non posso di giorno, di notte avendola in braccio: vo' per forza portarla a casa, e seguane quel che si voglia, rovini il mondo, ancorché avesse a romper seco l'amicizia e uccidermi con Cintio. DULONE. Concorro con voi in un istesso volere, e sol ciò ho voluto tutto oggi significarvi.