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Ogni volta che sento ragionare o sragionare di arte e a me accade spesso, bene o male, essa è il mio mestiere mi torna in mente una mirabile pagina di Francesco De Sanctis a proposito della Divina Commedia. Con arguta genialit

E le afflitte, scampate appo quest'ara Dalle mondane frodi, Obbliin lor pene, celebrando a gara Di te, di Dio le lodi. Laudate Dominum in sanctis ejus. Vidi sembianti di disdegno accesi, Quando dapprima infra devoti cuori Nome sonar di Filomena intesi: E chiesta la cagion di tai rancori, Udii fremiti alzar, che così poco L'unico Ver, l'unico Iddio s'onori!

Di studiosi specialmente versati nelle letterature classiche, in Italia ce n'era in fondo uno solo di grande valore: Domenico Comparetti. E il Comparetti, un po' per l'isolamento, che esclude i contrasti e i loro fecondi risultati, un po' per il suo temperamento, non professorale, non vago di teorie, non paziente di propaganda, non si propose il problema delle condizioni e dei bisogni della sua disciplina in Italia. Per lo meno, non lo studiò con l'ardore del Carducci, del D'Ancona, del De Sanctis: tirò diritto per la sua via, ampia e luminosa. E quindi, per gli studî dell'antichit

«Invece in questo momento =l'Italia tiene il primato nel campo della Storia romana=. «E come ha conseguito questo primato? «L'ha conseguito mediante quattro lavori. Siccome poi il De Sanctis, il Costa e il Varese sono scolari del Beloch, è logico ed onesto aggiungere un quinto paragrafo, quinto d'ordine e primo di valore: =la Scuola di Giulio Beloch=.

Il professore italiano, si chiamasse pure Giosuè Carducci o Francesco De Sanctis, era in Italia un povero diavolo, che abitava al quarto piano, in un quartiere fuori mano, magari operaio, dentro una casuccia meschina, sguernita, spesso fragrante di cucina e sonora di querele e di risse puerili.