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Aggiornato: 7 maggio 2025


Andiamo innanzi, sempre in mezzo a due schiere di soldati, dietro ai quali ondeggia una folla bianca e incappucciata che ci divora cogli occhi. Son sempre gli stessi soldati, per buona parte ragazzi, col fez, la giacchetta rossa e le gambe nude. Alcuni hanno i calzoncini turchini, altri bianchi, altri verdi; molti sono in maniche di camicia; chi tiene il fucile al piede, chi sulla spalla; chi sta avanti, chi sta indietro. Gli ufficiali son vestiti a capriccio, da zuavi, da turcos, da spahì, alla greca, all'albanese, alla turca, con divise gallonate e arabescate d'oro e d'argento, con sciabole a scimitarra, spade, pugnali ricurvi, pistoloni, daghe, stivali alla scudiera e stivaletti gialli senza tallone; alcuni color di porpora da capo a piedi, altri tutti bianchi, altri tutti verdi che paiono mascherati da diavoli. Di tratto in tratto si vede fra loro un viso europeo che ci guarda con un'espressione di simpatia e di tristezza. Si vedono fino a dieci bandiere schierate insieme. Al nostro passaggio, squillano le trombe. Qualche braccio di donna s'intromette fra le teste di due soldati e s'agita col pugno chiuso verso di noi in atto di minaccia. Le mura della citt

La natura si risveglia alla nuova vita, e il suo mattino è bello di casta allegrezza. Il vento ardisce appena stormire nelle prime fronde, mutato in auretta leggiera e tiepida; la burrasca sua comare gli tien bordone, e tranquillamente s'assottiglia in un pioviscolo fecondatore; il sole, antico padre di tutti, s'intromette di tanto in tanto in quella festa di famiglia, ed accarezza la natura bambina. L'aria, rinfrescata dalla pioggia, riscaldata dal sole, si conforta di tutte quelle essenze odorate che svaporano di continuo dal calice dei fiori selvatici, e si fa messaggera dei loro primi e fecondi baci d'amore. Per tutte le colline c'è sorriso di luce, di verde e d'aria purissima. Le strade della citt

Qui s'intromette la storia di Cola di Rienzo; costui forse restituiva la repubblica romana se avesse posseduto mezze le virtù, che cantava in esso Francesco Petrarca; certo a ruinarlo ebbero parte e non poca i preti legatisi ai patrizi, e la feroce voltabilit

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