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Aggiornato: 6 maggio 2025
Andate nel Museo Nazionale di Napoli e vedrete laggiù la Venere Vincitrice, così detta di Capua. È nel medesimo atteggiamento della Venere di Milo; gli occhi a mezz'aria, il piede sinistro su d'un elmetto posato a terra; il braccio sinistro levato, per sostenere una lancia; il destro abbassato, coll'indice teso in atto di comando. Davanti a lei, e molto accosto è Cupido, coll'ali dimesse; nella mano sinistra tien l'arco, e nella destra una freccia, che offre riverente alla madre. Guardate al Louvre la Venere di Milo. L'elmo sotto i piedi non c'è; ma di queste varianti d'esecuzione son molti gli esempi. Abbiamo per contro l'assoluta somiglianza nei rispettivi atteggiamenti degli omeri, indizio certo di una identica azione delle braccia. Se a questo aggiungete il resto di base, la cui frattura perfettamente combacia col plinto, mentre il piccolo spazio del suo piano e l'incavatura nel mezzo paiono fatti a posta per dar luogo ad una figura d'adolescente, in grande dimestichezza colla Dea, non avrete più modo di dubitare. La Venere di Capua ha una sorella; sorella maggiore, mi affretto a confessarlo. Quanto alla storiella della Vittoria, sul fare di quella in bronzo del Museo di Brescia, non è più il caso di parlarne. La Venere di Milo non può essere una Vittoria, più di quello che lo sia la Vittoria di Brescia, che è una Venere anche lei, alla quale un bel giorno, probabilmente sotto Vespasiano, fondatore del tempio in cui essa è stata rinvenuta, furono aggiunte le ali e lo scudo. La posteriorit
Minori di peso, e quindi di più moderno conio, sono le monete che recano i nomi delle isole di Corfù, Cefalonia e Zante per le quali vennero battute nella veneta zecca. Ricordai più addietro come intorno al 1730, allorché lo zecchino si valutava in Levante a lire 33 di conto, le gazzette dalmato-albanesi andassero a 39 per marca di rame, ed avessero in conseguenza un peso di soli k. 29. 7/13 come i soldi pesavano k. 15. 1/26. Ed invero tal peso ricorre nelle monete ch'esaminiamo, la cui fabbrica è perciò a riportarsi agli ultimi anni di Alvise Mocenigo III.° o al breve ducato di Carlo Ruzzini. Questa posteriorit
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