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Aggiornato: 11 giugno 2025
APOLLIONE. Veramente la nostra vita è tutta piena di travagli, né si può prometter l'uomo che faticando sempre nella gioventú, possi nella vecchiezza riposare; ché quando stimi giá esser accomodato del tutto, allora da ogni parte vengono pericoli inopinati per turbarci il viver quieto.
Poi ch’io potei di me fare a mio senno, trassimi sovra quella creatura le cui parole pria notar mi fenno, dicendo: «Spirto in cui pianger matura quel sanza ’l quale a Dio tornar non pòssi, sosta un poco per me tua maggior cura. Chi fosti e perché vòlti avete i dossi al sù, mi dì, e se vuo’ ch’io t’impetri cosa di l
Dhe dio come esser pò che fra due stelle Sì vaghe altro vi sia che un bel splendore Come esser pò che tra due rose belle Esser possi altro che un divino odore Como esser pò che tra due pure mammelle Altro vi sia che gentilezza e amore Como esser pò che tra duo labra sole Altro vi sia che angeliche parole
MASTICA. Ecco questo che mangia pan di ferro, insalate di chiodi, minestre di corazze, beve piombi e li caca acciaio. TRASILOGO. Mastica, Mastica! MASTICA. Padron mio, padron mio! TRASILOGO. Sai che ti dico?... MASTICA. Non, se nol dite prima. TRASILOGO.... il meglio che tu possi fare,... MASTICA. Che cosa? TRASILOGO.... che compri un capestro... MASTICA. A che effetto?
41 Or quando fuor d'ogni ragion qui sono privi d'umanitade i cori umani, non vi domanderò la vita in dono, che i prieghi miei so ben che sarian vani; ma che da cavalliero, o tristo o buono ch'io sia, possi morir con l'arme in mani, e non come dannato per giudicio, o come animal bruto in sacrificio.
Poi ch’io potei di me fare a mio senno, trassimi sovra quella creatura le cui parole pria notar mi fenno, dicendo: «Spirto in cui pianger matura quel sanza ’l quale a Dio tornar non pòssi, sosta un poco per me tua maggior cura. Chi fosti e perché vòlti avete i dossi al sù, mi dì, e se vuo’ ch’io t’impetri cosa di l
RITA. Che non ci possi invecchiare! CECA. Oh Rita! Entrate. RITA. Non te curar, poltrone! CECA. Con chi l'avete? RITA. Con uno sciagurato ch'è a quella finestra. MALFATTO. Addio, Ceca mia. Vòi bene a io tu. RITA. Basta. Non te curar, gaglioffo tristo! CECA. Lassatelo dire, ché l'è una bestia. Venite qua. Ch'è della patrona vostra? RITA. Ne è bene. MALFATTO. Quando volemo fare quella cosa, Ceca?
ORGILLA. Possi morire, se tu vedesti mai camicia a donna. Bufalo, e 'n questo mondo a che sei buono? Va', sta pur con le capre. EPARO. Vagghi ti; ché non sei buona se non da sbelare e non sai che ti voglia. ORGILLA. Guarda razza di matto scempio! Vorrei venir teco ad esser tua mogliera a casa tua. Te ne contenti? EPARO. N'ho d'avanzo n'una é.
LELIA. Non ve l'ho detto? che il maggior piacere che voi le possiate fare al mondo è di lasciarla stare e non pensar piú a lei, perché l'ha vòlto l'animo altrui; e che, insomma, la non ha occhi con che la vi possi pur guardare; e che voi perdete il tempo e quanto fate in seguirla, perché, alla fine, vi trovarete con le mani piene di vento.
1 O esecrabile Avarizia, o ingorda fame d'avere, io non mi maraviglio ch'ad alma vile e d'altre macchie lorda, sì facilmente dar possi di piglio; ma che meni legato in una corda, e che tu impiaghi del medesmo artiglio alcun, che per altezza era d'ingegno, se te schivar potea, d'ogni onor degno.
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