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La vettura noleggiata per i profughi dall'egregio Martini era a quattro ruote e ad un cavallo, adatta cioè alle vie pianeggianti che esistono fra Prato e Poggibonsi, e non tale da richiamare l'attenzione di chicchessia. La conduceva Vincenzo Cantini, garzone di Angiolo Franchi tenutario di vetture pubbliche, e credeva di condurre verso la Maremma due mercanti di bestiame, che col

Abbiamo con ogni accuratezza procurato di rintracciare se il dottore Pietro Burresi, allora medico-condotto di Poggibonsi, poi Clinico esimio degli Studi Superiori di Firenze, avesse avuto un colloquio col Generale alla casa Bonfanti, non essendo possibile l'incontro in altro luogo, mentre nelle poche ore di sosta siamo certi che i profughi non si mossero di l

Non era cosa nuova che ivi facesse sosta qualche vettura a riposare i cavalli, e ancora qualcuno vi se ne ferma oggi, quantunque non siavi locanda. E fu buona l'idea, perocchè oltre a non mettersi in evidenza della sbirraglia reazionaria, sfuggivano i profughi la vista dei soliti Austriaci che erano di passaggio da Poggibonsi. Un bambino, figlio della Giuseppa Bonfanti vide fermarsi il legno davanti alla sua abitazione, e scenderne i due, uno dei quali, biondo e più attempato, gli domandò con modo cortese se era permesso il riposarsi un poco nella casa. Riferì il bambino la domanda alla madre, e questa che era oltre ogni dire ospitale, scese ad incontrare i due viaggiatori, garbatamente li accolse, e li fece salire nella cucina, mentre il vetturino, ricoverato il cavallo nella stalla della Bonfanti, veniva mandato al paese onde consegnare al dottore Burresi la lettera del Sequi, con preghiera di provvedere un mezzo di trasporto per la prosecuzione del viaggio fino al Bagno al Morbo. Chiese di poi il Generale se si poteva avere una qualche cosa da ristorarsi, e la buona donna assentiva premurosa, e voleva andare a far provvista in paese, ma non volle esso dicendo che se nella casa vi fossero uova, sarebbero state cibo bastante per loro. E questa disposizione del Generale nasceva non tanto dal desiderio di non propalare la loro presenza, quanto dalla sobriet

Per la via d'Empoli e per la valle dell'Elsa giunsero i due viaggiatori senza incontro sinistro presso Poggibonsi alle ore 8 di mattina, e si fermarono fuori dell'abitato alla casetta detta Bonfante, distante dal paese forse duecento metri.

Allestite le uova, e tornato il Cantini da Poggibonsi coll'assicurazione che quanto prima tutto sarebbe in ordine per la partenza, volle la buona donna nell'attiguo salotto apprestare la mensa, cui si assisero Garibaldi, il capitan Leggero e il vetturino di Prato.

Poco avanti il mezzogiorno venne il vetturino di Poggibonsi, e Garibaldi, ringraziata la Bonfanti di tutto quello che aveva ricevuto da lei, volle ad ogni costo soddisfarla dei prestati servigi, ad onta che essa facesse del suo possibile per rifiutare la moneta, e lasciando al Cantini i suoi saluti per gli amici di Prato, e accomiatandosi dalla famiglia Bonfanti come un vecchio amico, partì insieme al compagno pel Bagno a Morbo.