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Aggiornato: 4 maggio 2025


L'altra, irresoluta, taceva, girando e rigirando la lettera fra le dita. Rispondi! Che vuoi fare? Non vuoi? Dunque alla signorina tua non le vuoi più bene? Di', non le vuoi più bene? E a un tratto ruppe, afferrandole e squassandole le braccia: O vai tu, o mi levo e ci vado io! Date qua. piagnucolava la servetta Ci vado, ci vado... La lettera era caduta a piè del letto.

Diana se l'era presa sulle ginocchia, ne lisciava i capelli, ne cercava sotto l'inviluppo dei lini le gambine stecchite, la palpava da ogni parte; e un'espressione di pena, d'angoscia si dipingeva sulla sua fisonomia. Bebè piagnucolava, tendeva le braccia alla bambinaia.

Come fate a rimaner tutta sola? diceva alla vedova Nunziata Fusco, una bionda grassetta, con in collo un bambino biondo, grassotto come lei. Dite voi piagnucolava Carmela come avrei potuto fare con tre angioletti attorno? Sono tre bocche, sono. E poi Nanninella, voi sapete, torna a sera dalla sarta e la notte m'è compagnia. Impara l'arte, oramai è grandicella.

Cominciavano appunto quel giorno le vacanze di Natale: non poteva neppure andar a scuola; non sapeva dove stare. Usciva dalla sua stanza nel cortile, poi rientrava e tornava ad uscire, muto, imbronciato, intrattabile. Ogni tanto piagnucolava: Voglio andare dal nonno.

Zia Marta, nelle sue lettere piagnucolava. Aveva dovuto abbandonare il villino; s'era ridotta a vivere in tre stanzucce fuori porta; la pensione le bastava a pena per non morire di fame; era una vita misera.

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