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Aggiornato: 17 maggio 2025


che se tu a ragion di lui ti piangi, sappiendo chi voi siete e la sua pecca, nel mondo suso ancora io te ne cangi, se quella con ch’io parlo non si secca». Inferno · Canto XXXIII La bocca sollevò dal fiero pasto quel peccator, forbendola a’ capelli del capo ch’elli avea di retro guasto.

Lo duca stette un poco a testa china; poi disse: <<Mal contava la bisogna colui che i peccator di qua uncina>>. E 'l frate: <<Io udi' gia` dire a Bologna del diavol vizi assai, tra quali udi' ch'elli e` bugiardo, e padre di menzogna>>. Appresso il duca a gran passi sen gi`, turbato un poco d'ira nel sembiante; ond'io da li 'ncarcati mi parti' dietro a le poste de le care piante.

La bufera infernal, che mai non resta, mena li spirti con la sua rapina; voltando e percotendo li molesta. Quando giungon davanti a la ruina, quivi le strida, il compianto, il lamento; bestemmian quivi la virtù divina. Intesi ch’a così fatto tormento enno dannati i peccator carnali, che la ragion sommettono al talento.

quando si leva, che ’ntorno si mira tutto smarrito de la grande angoscia ch’elli ha sofferta, e guardando sospira: tal era ’l peccator levato poscia. Oh potenza di Dio, quant’ è severa, che cotai colpi per vendetta croscia! Lo duca il domandò poi chi ello era; per ch’ei rispuose: «Io piovvi di Toscana, poco tempo è, in questa gola fiera.

Solo è colpa qua giù del core umano Quando sviato dal cammin superno Al verace suo ben fassi lontano; Malvagio nol può far tutto l'inferno; Ma ne la pena altrui non splende in vano L'alma giustizia del Signor eterno, Che flagellando e tormentando l'empio, A gli altri peccator proponsi essempio.

Parola Del Giorno

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