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Ma nel passarmi rasente, mi gettò una guardatina di sbieco, che m'andò dritta al core, come una stoccata. Non m'ero per anco riavuto dallo stordimento di quell'occhiata, allorchè rientrò il servitore, portando un involto voluminoso, che consegnò al padrone.

Appena suonato il pranzo mi vi recai, quantunque non fossi in grado di prender cibo. Ella non venne che tardi, verso la fine. Scambiò qualche parola con Mrs. B., la signora dal profumo di rose, e a un tratto mi guardò arrossendo come se avessi potuto intendere qualche loro parola; ma io approfittavo dell'insolito dialogo per poterla contemplare liberamente, ed ero tanto assorto nel suo viso, nella sua mano elegante, nella musica della sua voce, che non prestavo attenzione al senso delle sue parole. Mi guardò qualche volta ancora, ma forse meno del giorno prima. Appena finito il pranzo scomparve e ridiscese mezz'ora dopo. L'amica sua le propose un breve passeggio. Ci aveva forse veduti conversare insieme prima di pranzo; nel passarmi accanto mi disse amabilmente: viene? Mrs. Yves non ebbe un cenno, una parola; pure accettai subito e si prese insieme il pittoresco sentiero che conduce a Lanzo fra i castagneti. Mrs. B. parlava molto, ma solamente in inglese; a me il parlar l'inglese riesciva difficile e difficilissimo l'intenderlo. La signora sorrideva, mi correggeva amabilmente. La Yves taceva quasi sempre, io sapevo rivolgerle la parola; e vi era nel nostro silenzio un'occulta complicit

Ti dispiace? Eh ! pensando che le ho portate io.... È dura, sai! Rinunzia.... a lei. No; proruppe egli, dandomi un'occhiata che pareva volesse passarmi fuor fuori. Perchè, no? finalmente, che speranze hai? E tu? Capisco, ripigliai, che potremmo leticare così fino al giorno del giudizio. All'infinito, dunque; commentò Filippo. A te non verr

Quando cammino, diceva se per poco mi distraggo sembrami ad ogni passo di attraversare una distanza enorme; a volte il fermarmi non vale a cancellare questa impressione, il mondo nero continua a passarmi dinanzi; è una specie di passeggiata nel caos. E ti spiace?

Mi perdonino i lettori, se tanto li ho intrattenuti con certi dettagli di minima importanza e forse tali da raffreddar l'interesse di questa mia narrazione, se pure da qualcuno di facile contentatura ci si può ravvisare dell'interesse: oramai avevo buttato giù queste note e non ho potuto resistere al desiderio di pubblicarle: nella vita oziosa, monotona che siamo, purtroppo, costretti a condurre in Italia, le reminiscenze di un tempo che, se non era bellissimo, ci offriva almeno il destro di poter favellare col cuore sulle labbra e dire cogli amici ad alta voce i propositi ardenti che ci bollivano in seno, senza aver paura dei birri e del procuratore del re, parlano una voce così eloquente al mio cuore, che il più piccolo nonnulla di tale epoca, che in tanta degradazione io veggo passarmi davanti agli occhi della fantasia, caramente diletta come una illusione svanita, o come un sogno perduto, m'ispira un'affezione che non saprei abbastanza spiegare, ed egoista come tutti gli uomini che sono sotto l'impressione di un'affetto dimentico gli altri per non deliziar che me stesso.