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Aggiornato: 28 luglio 2025


È che noi italiani siamo le api operaie di quel grande alveare; è che l'Argentina esiste e vive in virtù del lavoro italiano. Senza di noi non avrebbe produzione, non avrebbe agricoltura, industria, non avrebbe teatri, palazzi, porti, ferrovie.

Lascio da un lato i passeggi, le piazze, le porte, le biblioteche, i palazzi pubblici, le case dei grandi, i giardini, le chiese; ristringendomi a dire che, dopo aver girato per parecchi giorni dal levar del sole al tramonto, dovetti partire da Siviglia col peso di molti rimorsi sulla coscienza. Non sapevo più dove battere il capo.

Entrava nel portone dei palazzi più aristocratici e, con fisonomia sorridente, affabile, chiedeva al portinaio: Sta qua di casa il signor Geremia? Nossignore. Eppure!... non è questo il numero 43? Sissignore. Ma allora il signor Geremia sta proprio qua, al secondo piano! Le dico di no: al secondo piano, c'è il conte di Santafiora. Ma che conte di Santaflora! Vi dico che è Geremia.

Il marmo è liscio e bianco, e gli scultori e gli architetti se ne servono per fare statue, bassirilievi, imbasamenti, facciate di chiese, di palazzi, ecc.: col marmo si fanno i frontoni dei camminetti, gl'impiantiti, i piani dei cassettoni, quelli dei tavolini nelle botteghe, e mille altre cose.

A queste strade fiancheggiate da palazzi principeschi, fanno contrasto altre strade lunghissime fiancheggiate da innumerevoli case tutte d'un colore, tutte d'un'altezza, tutte d'una forma, col tetto nascosto dietro i muri, in modo che paiono scoperchiate, senza terrazzini, senza persiane, nude come muraglie di bastioni; in alcune strade, nere come la gola del camino, colle porte e le finestre contornate di righinette bianche, che dan loro l'aspetto di enormi catafalchi; in altre parti, d'un rosso cupo, d'un giallastro viscoso, da parer case fatte di fango e di filiggine; e si va innanzi fra questi colori e queste mura per miglia e miglia, senza incontrar un sol edifizio che rompa quella uniformit

I palazzi reali di allora erano ornati da pitture lascive, ed i libri di Pietro Aretino andavano per le mani di tutti.

Tre grandi palazzi, sorgenti sulla medesima linea e ad eguali distanze, dalla parte orientale alla occidentale della citt

Gli faceva ammirare i monumenti, le opere d’arte, le chiese, i palazzi, i canali, e fino le casupole, e gli spiegava la storia locale.

Presso alla riva erano raffermi alcuni grossi navili che colle vele spiegate ed erette al cielo proiettavano ombre giganti sulle muraglie delle case e de' palazzi; a diverse distanze molte barche pescherecce che riflettevano nelle acque la fiamma alimentata sulla tolda; come lucciole vaganti che or brillano del lor fuoco fatuo, ora si perdono per ricomparire poi tosto allo sguardo, le gondole illuminate di fanaletti correnti e ricorrenti a miriadi sulla vasta superficie dell'onda inargentata sparsamente e chiazzata dai raggi lunari.

Ora le statue non si scolpiscono più nell'oro, ma nel marmo: e voi ne avrete vedute chi sa quante a ornamento delle piazze, dei palazzi e delle chiese. Con l'oro si coniano le monete da cinque, da dieci, da venti, da cinquanta e da cento lire. Vi auguro di possederne un giorno molte di queste monete; e sapete perchè?

Parola Del Giorno

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