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Aggiornato: 6 maggio 2025
La Nencia e Vendifumo abitavano pure in quei caseggiati. Una notte, mentre Lucertolo, libero dal servizio, dormiva la grossa, contento della scoperta che aveva coronato i suoi sforzi e alla vigilia di partire alla volta di Pisa ad ottenere la liberazione di Nello, la Nencia e il suo compare, che covavano da lungo tempo il loro disegno, decisero di mandarlo ad effetto.
Le parlò del baule trovato tutto sossopra, del mazzetto di fiori, della lettera, che il ladro, nella fretta, richiudendo il baule, forse sentendo avvicinarsi qualcuno, aveva lasciato cadere. Ma la Nencia, divenuta bianca nel volto, si gettò in ginocchioni, gridò, spergiurò che non solo essa non era stata, ma neppure poteva immaginare chi avesse osato tanto.
Ora Vendifumo ragionava, e ragionava diritto, che se Lucertolo lo avesse arrivato, sarebbe stato uomo da lasciargli per un pezzo il ricordo del suo strattagemma. Del resto, la Nencia e Vendifumo furono di lì a non molto delusi nelle loro ricerche.
Lucertolo però non aveva raccontato a che bel rischio egli fosse sfuggito. Carlo Tittoli, accortosi che sua madre prima di morire era stata derubata, aveva fatto disegno di scuoprire il colpevole. Andò a interrogare la Nencia.
La Nencia non si era mai scordata delle parole dettele dal Tittoli. Anch'essa aveva gettato i suoi sospetti addosso a Lucertolo, e si era posta in animo di strappargli la confessione della verit
Sua madre era stata curata, assistita dalla Nencia. Di certo quella donna... Però il cuore del Tittoli nobile, generoso, repugnava da bassi sospetti. Egli esitava, come se temesse di commettere un'ingiustizia anche soltanto in pensiero. Decise d'interrogare la Nencia. È una mattina del maggio 1833.
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