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La [I[liretta]I] è una sottile moneta d'argento del diametro di m. 0,024, e del peso di k. 13.3 1/2 ragguagliata a peggio 350 per marca, corrispondente al titolo 0,696181. Il diritto offre in tre linee la epigrafe DALMA = E . T = ALBAN, una rosa sopra la prima linea, altra sotto la terza. Il rovescio ha il leone in gazzetta attorniato dall'epigrafe S. MARC. VEN. coi punti foggiati a stelline. Nell'esergo la cifra XX (intendi soldi) parimente chiusa da due stelline. Una variet

E allora a che serve un nome come il vostro se esso non è la marca di fabbrica che può garantire la rispettabilit

Onde, se tanto vagliono 500 caratti di fino argento, una marca d'argento fino, ch'è caratti 1152, vien valutata in detta moneta soldi veneti 1769 e mezzo in circa.

Ma, perché pare un letargo comune a tutti i principi di non applicare a' disordini delle monete finché non hanno moltiplicato a segno grande, bisognò soffrire che una marca d'oro, che in monete sue valeva prima 147 lire o franchi, s'alzasse a valore di lire 165.7.6, mentre l'argento valeva lire 14 la marca; sicché dal 1519 al 1540, che sono 21 anni, s'alzarono le monete in Francia da 147 a 165, che sono piú di 12 e 1/4 per cento.

Anzi, seguitando le guerre civili, del 1575, sotto Enrico terzo, era giunto il valore di una marca d'oro fino in scudi dal sole a lire 222, che sono, in dieci anni soli, piú di 34 e mezzo per cento.

Oggimai un uomo, per quanto in fondo della ignoranza, agevolmente comprende il ladro o non avere sentimento veruno, quando si appresta a fare suo pro della roba altrui, o, se pur l'ha, essere in tutto simile a quello del conquistatore. Vero è bene, che questo s'ingegna di ornare il suo fatto co' luminosi fantasmi della gloria; ma il belletto trovato dagli accorti per magnificare il delitto del forte, che hanno punito nel debole, il nome diverso, chiamando nei molti gesto, impresa, conquista, quello che nei pochi hanno appellato furto, non acquieta la coscienza, e ciò che togli altrui, sia poco, sia molto, sia con migliaia di armati, o con una sola mano, o vuolsi reputare male per tutti, o per veruno. La pena si assomiglia a una insegna, che tanto più si dipinge di rosso quanto meno lo albergo è agiato, e il vino buono: la si ritenga risolutamente marca che da secoli e secoli inganna, e continuer

In Venezia però e sua zecca si ragguaglia in altro modo la bontá delle monete, figurandosi una marca, ch'è ott'once, cosí d'oro, come d'argento, contenere caratti 1152, perché ogni oncia è caratti 144. Ogni caratto in grani 24 si divide.

Lo stesso vien praticato da' mercanti stessi del paese, i quali, vedendo questo disordine nelle determinazioni del principe, prontamente se ne approfittano, mandando fuori di Stato tutto l'oro che ponno raccogliere, per ricevere la valuta in tanto argento: perché, se con una marca d'oro trovano in altre piazze 14 marche e 3/4 d'argento, che in sua mano vale un'oncia d'oro, e ne avanza mezz'oncia d'argento, vi guadagnano gli stessi 3 in 4 per cento.

Ma una marca d'argento fino in traeri dicessimo valere soldi 1769, che sono lire 88.9. Dunque una marca d'oro fino va fuori di Stato veneto a baratto di marche 13 caratti 800 d'argento; laddove la proporzione piú comune dell'oro all'argento nelle piazze d'Italia dicessimo sopra esser d'una marca d'oro fino per marche 14 e 3/4 in circa d'argento.

Ma, ribassata di nuovo detta proporzione negli anni seguenti per la sopravegnenza di molto oro, che faceva che per manco argento di prima si dasse una marca d'oro, la ridusse di nuovo, del 1540, a 11 e 9/11 d'argento per una d'oro.