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Aggiornato: 21 luglio 2025


MANGONE. Se la vedeste adesso, non la riconoscereste, cosí son gli occhi scoloriti e le labra smorte e sparito il fior delle guancie. Io son furbo e conosco al naso le sue infirmitá. Ella sta martellata di Pirino; e quando intese ch'era stata compra da voi, trafitta dalla disperazione, le venne quello accidente.

CAPITANO. Ci ho portata una gran mercanzia di legne; e se le cerchi, te ne darò a buon mercato quante ne cerchi. MANGONE. Orsú, vieni innanzi al Reggente. CAPITANO. Tu cerchi briga e n'arai. MANGONE. Se non vieni di bona voglia, ti strascinarò a forza. CAPITANO. Dubito che lo strascinato sarai tu.

DOTTORE. Mangone, hai saputa alcuna novella di Melitea? MANGONE. bene, anzi di cose che voi non sapete. DOTTORE. È dunque in poter di Pirino? MANGONE. Dico altro che voi pensate. DOTTORE. Che cosa dunque? MANGONE. Melitea è libera e gentildonna. DOTTORE. Che non sia qualche nuovo inganno ordito da Forca, per schernir me dello amore e del desiderio di aver figliuoli?

Ma tu hai fatto un motivo con la bocca, che cosí soleva far egli; e hai parlato con tanta dolcezza e affettuose parole, che par che hai di quel genio che a lui solo fu donato dal Cielo per tiranneggiare e tirare a con dolce amorevolezza tutte le persone. FILACE. Su su, finiamola, ché Mangone viene: ché tanti ragionamenti?

Quando il martello di amor lavora, batte e cava piú scudi d'ogni martello. FILACE. Che dirò a quel genovese della Macrina? MANGONE. Daglila per quel prezzo che vuole: mangia per diece e sta piú magra d'una gatta che mangia lucertole. Ogniun che la vede cosí asciutta stima che in casa mia non si mangi se non biscotto e vi si digiunino tutte le vigilie.

MANGONE. E se pur il mar ti rifiuta per un cattivo guadagno, un giorno i turchi ne faranno vendetta per me, ché sarai impalato. CAPITANO. Ed il boia la fará per me, ché sarai arrostito. MANGONE. Mi pensava aver fatto un gran guadagno, che cotal mercatante fusse venuto ad alloggiare in casa mia: bella mercanzia che hai portata in Napoli!

DOTTORE. Perché Melitea ama piú tosto costui che me? MANGONE. Non altro ch'una maladetta usanza delle donne, che quando sono pregate, ancorché se ne morissero di voglia, se ne stanno in contegno e ci vogliono straziare. Ma le bastonate alfin le fanno far quello per forza, che di sua volontá non vogliono fare. DOTTORE. Essendo in mio potere, non volendomi per amante, mi ará per padrone.

MANGONE. Giá ti è stato detto due volte; alla terza viene il buono. Dimmi, in tua malora, chi t'ha posto in dosso queste vesti? Ragiona, se vuoi. Io

Alessandro vostro amico ha quel servo sbarbato che conduce le legna dalla villa a casa, che è sordo, muto e un pezzo di pazzo, molto dissimile dalle vostre persone, si lascia spogliare, vestire e tingere a nostro modo; e se Mangone li domandará, non saprá che rispondergli; e perché è molto gagliardo, se sará stuzzicato, dará mazzate da cieco.

Non me lo caverá di casa se non me lo paga benissimo: conosco che ne ha voglia. FILIGENIO. Mangone, son venuto a trovarti secondo l'appuntamento doppo tre ore; e se non m'hai servito, vengo almeno, ché ti ricordi di me. MANGONE. Sète venuto a tempo: v'ho comprato un schiavo piú meglio assai di quello che m'avete chiesto o che sapete desiderare.

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