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GERASTO. Ch'io vorrei essere il tuo orto, piantarti nel mio seno, zapparti ben bene, inaffiarti e farti produrre i piú bei frutti che nascessero giamai. Almeno fussi ape che andasse succhiando quel mele che sta dentro cosí bel fiore. Almeno potessi darli quel che li manca. ESSANDRO. Ne ho soverchio e m'avanza. GERASTO. Non dico quel che tu pensi. ESSANDRO. tu pensi quel che dico.

Mentre i' bramo e 'nsieme tremo vederlo, piú s'arretra la speranza quanto l'ardor piú cresce col desio. Però di quella omai poco m'avanza; e pur s'un riso vostro aver poss'io, resorto fia da voi sul punto estremo. «Amatoria contagio facile fit et gravissima omnium pestis evadit». MARSIL.

Non m'avanza quindi vestigio di quella lunga attivissima corrispondenza con uomini di terre diverse, da una lettera infuori diretta a Lamennais e della quale un amico di quest'ultimo serbò copia. E la inserisco come indizio delle idee che mi dirigevano in quella molteplice corrispondenza. «12 ottobre 1834. «Signore.

E quel fedel, che da vicino il sente, Dietro la voce, che 'l chiamò sen viene, E dove il rimirò languir dolente Porgea la man per medicar sue pene; Ma quei: s'ho nel mio mal saggia la mente, Nulla di viver più m'avanza spene, ne la piaga, e nel martir sofferto Scorgo segnal, che di morir fa certo.

O mia felice vecchiezza, vissuta vicino a tanto che veggia una nuora entrarmi in casa, di cosí real animo, di tanta donnesca virtú, di tante lettere e di tanto maneggio d'armi! Questa sará il frutto e il trastullo di questa poca vita che m'avanza; questa sola mi fará parer dolce e passar men gravemente i difetti della mia vecchiaia.