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Oh, per le bianche mani cucenti le fascie ed i veli mentre ne gli occhi splende un calmo riflesso de i cieli: pei palpiti che scuoton da l’imo le viscere oscure ove, anelando al sole, respiran le vite future: per l’ultimo martirio, per l’urlo de l’ultimo istante, quando il materno corpo si sfascia, di sangue grondante

Chi sarai?... Debole Corpo impossente Di mal nudrito, In buia, torpida, Rude ignoranza Inebetito?... Chi sarai?... Libera Alma selvaggia Di lottatore, De l’imo popolo, Del solco vergine Sôrto dal cuore?... Tu giochi, ingenuo; Ma l’aria e l’ombra San di tempesta.

E tu lasci ch’io levi a te la faccia, Ma distogli i raggianti occhi fatali: E tu lasci ch’io stenda a te le braccia, Ma non raccogli l’ali: E, attirandomi, fuggi.... e forse, quando, Bellissima di gioia e di desìo, T’afferrerò, da l’imo cor sclamando:

Tendo le braccia al sole e a la gaiezza: M’entra ne l’imo cor la nostalgia D’un volto amato, d’una mano pia Che mi sfiori con trepida carezza: D’un profumo svanente di vïole, D’un nido ove s’effonda alta quïete: La nostalgia di voi, casette liete, Casette bianche sfavillanti al sole.

Ad un tratto, da l’imo, in un minuto Di risveglio, di gioia o di pazzia, S’agita e vibra ne l’essenza mia Un’altra anima, un’altra.... e tosto il muto Cerebro scoppia in magiche parole, Germinando qual zolla a primavera, Alto assurgendo, da la notte nera, A la divina maest