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Aggiornato: 13 giugno 2025
E venuto in Italia, avuto in propria balia il ducato di Milano, trovandosi possessore di quante bellezze contava Lombardia, pure non si degnò mai di accostarle, non volle che gentildonna mai fosse ammessa in palazzo; ma godette di avere sotto di sè tante soldatesche sfrenate, godette di poter loro liberare il guinzaglio; e lo fece, e lor disse: Andate, e dovunque lasciate i segni della violenza.
Il suo pensiero fu quello di andarsene in Lombardia, e primamente a Milano, a quella nobile e potente citt
Cotesta razza di buffoni e di cantastorie brulicava per tutta Europa. Campavano generalmente alle spalle dei gran signori, o dei Comuni (e anche quel di Pistoia ne aveva allora uno suo, denominato Gazzino) ed erano il trastullo di tutte le Corti bandite. Recavano da un paese all’altro novelle di pubblici casi e privati, in mancanza di gazzette e di chiacchiere a stampa; e per questo, e perchè con arguti motti pungevano e destavano il riso, erano, si sa, accarezzati da tutti. Nelle parti però di Toscana, dove il feudalismo, più che altrove, andava scemando, e Corti non v’erano, se ne contavano pochissimi. Costui infatti era venuto di Lombardia e dimorava da qualche tempo in Firenze. Il quale, come seppe di questo straordinario concorso, vi venne subito per tentare un guadagno. Eccolo l
Respinge o piuttosto termina con doni una seconda invasione di ungheri; e contra essi poi fa o lascia fortificare le cittá, le castella, i monasteri di Lombardia; fatto notevole, che alcuni dicono origine, noi diremo solamente aiuto alle libertá cittadine future.
La Lombardia era, per colpe monarchiche, nuovamente dominio dell'Austria; ma aveva, con fatti, provato d'essere capace d'emanciparsi per virtù di popolo. Venezia era caduta, ma dopo lunghe eroiche prove e come chi vince. Roma era dei Francesi e del Papa, ma l'esito morale della battaglia era nostro: redenta davanti all'Italia, la sacra Citt
Il Conte, ispirandosi al Monde e ad altri giornali ultramontani, non cessava mai dal vaticinare disastri all'Italia ed a Napoleone. Questi, a suo credere, non sarebbe più rientrato sul suolo francese. Il Conte attendeva la prima sconfitta delle armi francesi e italiane sulle pianure di Lombardia per poter esclamare: il secondo Impero è finito!
L'insurrezione di qualunque altra parte d'Italia che precedesse quella di Lombardia, la renderebbe, o impossibile, o assai meno decisiva: ma se anche ciò non fosse, io vi direi sempre: «l'Austria è tra voi, a voi tocca l'onore dell'iniziativa.» Oh sventura a voi, che intendete, ma non sentite più le cose ch'io vi dico!
Il governo provvisorio della Lombardia ha dovuto finalmente persuadersi che, in mezzo alla precipitazione degli eventi, i quali d'ogni parte ne travolgono e ne sospingono, lo starsene piú a lungo immobile a custodire la propria neutralitá era un tradire la patria.
Non è il caso di ricorrere a questa spiegazione oggi in Sicilia dove le razze sono fuse da oltre dieci secoli e dove la miscela non sarebbe nè maggiore, nè più recente che in Lombardia o nel Napolitano.
Traeva nei luoghi più alti e meno ingombri di piante, per vedere nella lontana pianura il frequente alternare delle truppe che passavano il Po e andavano o redivano di Lombardia, e fra quell'ondeggiare d'uomini e di cavalli, fra il lampeggiar di quell'armi e il suono degli strumenti guerreschi non vedea che Girani, non udìa che la sua voce, e tutto le parlava di lui, e da questo inganno ritraea sovente sollievo, più spesso nuovo argomento al suo dolore.
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