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Aggiornato: 27 maggio 2025


"Lo comprendi, o carnefice? Tu mi guardi? Tu taci?" Ella facea paura. Agitava le braccia, E diceva: "Lo voglio!" con aria di minaccia. Correva per la stanza. Abbrancava le grate Dell'usciuolo del carcere con mani forsennate, Gridando: "Spingi! Aiutami! Aiutami, amor mio!" Ei mormorò di dentro: "Lea, non perderti!... Addio!"

Per la Lea, in un altro prologo a bastanza originale, che mette in scena parecchie macchiette di avventori del caffè del Teatro Manzoni di Milano una specialmente caratteristica, quella di Fulvio, ameno e onesto boème a cui tanti vogliono bene, autore di libretti melodrammatici, sempre in cerca di cinque franchi o di un francobollo che gli fa più comodo invece d'un sigaro che gli viene offerto il Cavallotti che ha profuso prologhi in azione o in versi, per la Lea dunque fa dire e dice: FULVIO.

Le vie del firmamento eran di nubi sgombre; La luna era abbagliante d'ineffabil splendore; Nicasio e Lea correano parlandosi d'amore. Quella luna invitava a amar, solo a vederla. La terra era d'argento, il ciel di madreperla.

Da principio ella vuol farsi forte del suo diritto, riprendere il posto di sposa; la legge sta dalla parte di lei. Ma un grido del figlio di Riccardo: Mamma! Mamma! Non piangere! e un rimprovero rivolto a lei, Lea: Signora cattiva, se facessero piangere la mamma tua... le mutano a un tratto il cuore.

Fulvio avrebbe, forse, voluto dire: possibile in arte, cioè reso tale. E tale non è reso in Lea. Per ciò la catastrofe risulta violenta o meglio melodrammatica. Riccardo Verneda ha rapito Lea ed è andato a passare la luna di miele in un villaggio remoto, per sfuggire alle ricerche dei parenti di lei che avversano quell'unione.

Anche lei ha fatto piangere la sua mamma fuggendo dalla casa paterna con un uomo, e l'ha fatta morire di dolore! Quel che ora, ritrova, dopo sette anni, è il suo gastigo. Riccardo le si getta ai piedi: RICCARDO. Lea!... perdonami! Mi ami ancora?... Mi ami? RICCARDO. . Verresti meco? RICCARDO. . LEA. Ah! era ciò che volevo!... Ora che l'andarsene è bello! No, no... Vivi a tuo figlio!

La madre di Lea infatti le tende un tranello: si finge moribonda e richiama la figlia al letto di morte. Riccardo non può impedire ch'ella parta. Lea dai suoi genitori vien rinchiusa in un convento. Riccardo, per otto mesi, ne ricerca invano le tracce, e all'ultimo riceve l'atto di morte di lei. Un anno dopo egli sposava Ida, e ne aveva un figlio.

Passati sette anni, proprio il giorno in cui nella villa di Riccardo fanno i preparativi per festeggiare il suo onomastico, ecco Lea ancora viva, ancora innamorata, miracolosamente fuggita dalla sua prigione monastica! Ci vuol poco ad accorgersi che arriva terza molto incomoda nella famiglia del suo rapitore.

Parola Del Giorno

boraccini

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