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Aggiornato: 5 maggio 2025


Ai primi di ottobre ebbero luogo le fauste nozze di Amedeo e di Regina, alle quali Flora non potè assistere come aveva promesso. A stento trovò un quarto d'ora nella giornata per correre a salutare e baciare all'imbarcadero la sposa, che partiva per un breve viaggio di due giorni fino a Locarno e alla Madonna del Sasso, dove aveva promessa una «divozione». Erano alla riva Bortolo, Maria Giulia, la zia Maddalena, il parente dell'osteria del Gallo, dove s'era celebrato il modesto pranzetto, don Malachia che li aveva benedetti, gli amici barcaiuoli che avevano diviso con Amedeo i trionfi delle regate, le compagne della sposa e una piccola folla di gente del paese, che prendevano parte alla gioia di quei due ragazzi come se fosse la gioia di ciascuno e di tutti. Amedeo vestito di nuovo con una giacchetta di panno nero, su cui spiccava una lunga cravatta celeste, aveva l'aria imbarazzata e confusa di un monello colto sul fatto di una bricconeria, schivava gli occhi degli amici che tentavano di abbracciarlo, e per darsi un'attitudine seguitava a mordere ed accendere un bel sigaro nuovo che gli aveva regalato il signor Cresti in un elegante astuccio di cuoio. Regina in un vestito di pannino grigio su cui il suo bell'oro giallo faceva una stupenda figura con nulla in testa, e per tutto bagaglio uno scialle sul braccio e una valigetta in mano, si lasciava carezzare, baciare e stringere da tutte le donne, da tutte le ragazze che la invidiavano senza rancore. Era un pallida per le molte emozioni e per la stanchezza delle ultime giornate, ma gli occhi sereni e aperti lasciavano vedere fino in fondo la sua felicit

lo molestino Le algenti brine, Ma l'alba rorida Gl'imperli il crine. Qui a Imen commettere Dei la tua face, E il bacio porgergli Di eterna pace. Qui intorno versino I vezzi e il Riso La colta ambrosia In paradiso. Ognor a renderlo Giulivo intenti, Lieti vi aleggino I bei Momenti; E mentre volgono Lungi le cure, Fauste vi danzino L'Ore future;

Novello Brïarèo, Bronte novello al grido, La voce alza e la faccia Il Pensier numicido; E, con più fauste prove Che sul campo Flegrèo, Strozza il mutato Giove Con le sue cento braccia.

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