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E a me disse il mio cor: Non forse è un duce?... Non forse, in mezzo a l’infernal clamore D’un’officina, splendido nel saio, Egli soggioga i mostri Ch’ebber dal genio umano artigli e rostri, Alma di fuoco e muscoli d’acciaio?... Non forse in lui la fonte d’energia Zampilla, prepotente, Che riviver far

Egli stesso condusse Morello di Monferrato nella stanza a lui assegnata. Quivi il giovine signore, deposta la maglia d’acciaio, indossò una leggiadra saracina, specie di farsetto bene aggiustato alla vita, che era del suo prediletto color amaranto, con liste di tela d’argento.

Di cinghie, d’acciaio, di morse, di foco, Di spire temuto signor, Il mostro sbuffante nel vigile loco Si nutre d’immenso clamor: Folleggia, sghignazza, divampa, s’allenta, Stridendo si frena e rist

Erano sessanta lance; ogni cavaliere accompagnato da’ suoi fantaccini; tutti orrevolmente vestiti, i cavalieri d’acciaio, con cappe di lana, i fantaccini con succinti farsetti, anche essi di lana, e di colore amaranto, come le cappe dei cavalieri.

Quel treno lungo, sottile, fatto d’acciaio terso e di legno levigato, che trasciner

Da secoli, coltivando la loro generazione come quella di perfetti assassini, questi animali furono educati ad odiare il proprio simile, anzi a volerlo spegnere; il loro corpo non conta, il proprio dolore non c’è: nel becco robusto, nel sottile sprone d’acciaio, è tutta l’anima sanguinaria di questi animali da combattimento. Son nati per immergersi nel rantolo d’un’altra vita; ciò che amano è trafiggere:

V’era una bilancia, su la quale pesarono dapprima uno stupendo gallo, irsuto e ricciuto, che si dibatteva urlando, nell’impazienza di combattere. Il suo pennaggio era nero e luccicante, con riflessi verdi; aveva una piccola cresta, ritta, scarlatta; una sottilissima lingua scura tra il becco ricurvo e crudelissimo. Lo sprone d’acciaio luccicava come un terribile pugnaletto.

Ma propriamente i cavalieri si distinguevano per elmi e corazze e schinieri d’acciaio: filettati d’oro se di ricchi e connestabili, con spade, stocchi, e mazze ferrate: e certi magnati, ove sugli elmi non avesser cimieri propri e gentilizi, vi facevan pompa di piume d’estranei uccelli. Cavalcavano bei destrieri, difesi con testiera e gualdrappa di cuoio, briglie purpuree e freni dorati.

Quel treno lungo, sottile, snello, fatto d’acciaio terso e di legno levigato, che trascinerebbe nel cuore delle montagne ciclopiche una fantasmagorìa di specchi e d’elettricit

Tutta questa gente procedeva in bell’ordine, che la era una meraviglia a vedersi; i cavalli, muovendosi in cadenza, faceano svolazzare i lembi delle sopravvesti e i cimieri piumati; le maglie d’acciaio, i ferri delle lance scintillavano al sole.