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Questo pendaglio da forca si ha da buttar ginocchioni a' suoi piedi per dimandarle scusa dell'ingiuria che ha fatto alla più virtuosa delle donne. In ginocchio in ginocchio! No! rispose furibondo il Ceretti, che aveva riconosciuta la voce di Michele. Voi mi avete còlto a tradimento, è una vigliaccheria!... Ah! così tu parli? gridò Michele, dandogli superbamente del tu. Va! Eccoti libero!

E così dicendo trasse di sotto al guanciale un ricamo in seta, colle nostre cifre intrecciate. Ed è questo che tu mi nascondevi? domandai commosso. Tu dunque mi spiavi? interruppe scherzando. Ahi! quanto i miei sospetti erano stati ingiusti! e come avrei io pagato quell'anima buona dell'ingiuria che le avevo fatto?

Io non ho altro figlio, e la mia robba è di valor di quarantamila scudi; sono nell'ultimo della mia etá e inabile alla sperata successione. Fate voi la dote al vostro figlio. voi potrete restarvi di apparentar meco; perché non so come meglio si possa rimediare all'acerbitá dell'ingiuria che m'ha fatto vostro figlio.

VIGNAROLO. Perché mi fate ingiuria? PANDOLFO. Perché l'hai fatta tu a me: «l'ingiuria che si riceve, è figlia dell'ingiuria che è stata fatta prima». Io ti fo ingiuria non uccidendoti, e per non ingiuriarti ti vo' uccidere! E questo desiderava io: che niuno si possa tramettere che io non ti tratti come meriti. VIGNAROLO. Oimè! oimè! PANDOLFO. Ti dole forsi che non fo quanto meriti?