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Aggiornato: 10 maggio 2025
NER. Esiglio lieto troppo, ed incauto, a Ottavia ho scelto. Intera stassi di Campania al lido l'armata, in cui recente rimembranza vive ancor d'Agrippina. Entro quei petti, di novitá desio, pietá fallace della figlia di Claudio, animo fello, e ria speranza entro quei petti alligna. Io mal colá bando a lei diedi, e peggio farei quivi lasciandola. POPPEA Tenerti dee sollecito tanto omai costei?
Tener non puoi quest'empia plebe ancora in quel non cal, ch'ella pur merta. Ai roghi d'Agrippina, e di Claudio, è ver, si tacque: tacque a quei di Britannico: eppur oggi d'Ottavia piange, e mormorar si attenta. Svela i falli d'Ottavia, e ogni uom fia muto.
Or altra, ben altra accusa or ti s'aspetta; e il reo, non fra' martir, ma libero, e non chiesto, viene a mercé. OTTAV. Qual reo? Parla. TIGEL. Aniceto. SENECA D'Agrippina il carnefice! OTTAV. Che sento? TIGEL. Quei, che Neron d'alto periglio trasse: fido era allora al suo signor; tu, donna, traditor poscia il festi.
Il fratel mio giá vidi cader fra le notturne tazze spento; scritto in note di sangue a mensa anch'era d'Agrippina l'eccidio: ognor la prima vivanda è questa, che a sue liete cene imbandisce Neron; le palpitanti membra de' suoi.
Parola Del Giorno
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