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Aggiornato: 26 giugno 2025
Tu predichi così bene in quella cuffietta che è peccato non far dei peccati. E del tuo conte Lolò che n'hai fatto? chiese Flora, Dove l'hai fatto fare questo elegante attaccapanni? Don Andreino è il più impeccabile degli elegantissimi di Milano. È lui che da il tono alla moda. È per questo che porta quel corvattone verde e crespo come l'indìvia? È l'ultima parola di Parigi.
Dalla cuffietta scappavano fuori alcune ciocchettine di capelli biondissimi; le sopracciglia si confondevano col roseo della fronte; le labbra erano pavonazze. Ebbi un senso di repulsione, ma lo vinsi subito e mi inchinai a baciarla sfiorandola appena. Tra poche ore non la riconoscerai, disse mia madre. La bambina si agitò, aperse gli occhietti grigi e mosse le manine. Ti guarda, Dario!
Mia madre la sollevò con cautela, per non svegliarla, e me la presentò.... Un mostricino roseo, affogato fra le trine della cuffietta e dello scollo della veste, dalle cui maniche, ornate di merletti, venivano fuori due manine coi pugni chiusi, del color del sangue. I lineamenti sembravano fluidi, inconsistenti, quasi le carni non avessero ancora avuto tempo di raffermarsi.
Erano due vecchie zitelle, e vivevano sole. La signora Rosa, tutta piccina, tutta giallina per una malattia epatica, portava una cuffietta bianca con alcune cocche di nastro turchino. La trina ed il tulle erano di cotone, rilavati ed insaldati finchè ci potevano reggere; ed il nastro aveva conservata appena una pallida tinta del turchino primitivo.
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